Acqua diventa un prodotto da libero mercato, violando il referendum sulla sua privatizzazione
“L’acqua è un bene comune e la sua gestione deve esse pubblica“. Questo è stato dichiarato dalla maggioranza degli italiani nel referendum del giugno 2011.
Eppure lo Stato cerca di contravvenire a quanto deciso. Il 28 dicembre 2012, l’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas ha approvato il nuovo ‘Metodo Tariffario Transitorio’ che delinea per il 2013 parametri e indicatori per i consumi di acqua, industriali e civili. Tale documento – che anticipa quello definitivo del 2014 – reintroduce il concetto di acqua come “prodotto” e quindi soggetto alle logiche di mercato.
Era già accaduto che, poco dopo il referendum, il governo Berlusconi approvasse un decreto (poi dichiarato incostituzionale) che cercava di introdurre nuovamente la privatizzazione di questa risorsa primaria.
BUONO A SAPERSI… Per l’acqua la gestione pubblica meglio della privata. L’esperienza francese parala da sé
Anche questa volta si tratta di una grave sospensione democratica. Infatti l’Autorità, attraverso l’introduzione di questo nuovo ‘Metodo Tariffario Transitorio’, contravviene al referendum nel principio della remunerazione del capitale, perché lascia che i gestori locali possano trarre profitti dall’acqua, che deve essere bene pubblico.
Inoltre, si rischia di mettere in crisi gli investimenti – si parla di un fabbisogno di 2 miliardi di euro annui nei prossimi 20-30 anni – che devono ricorrere al sistema del credito. Ma si allunga il periodo in cui è possibile la riscossione dei cespiti e si riducono le aliquote, con un impatto negativo sui flussi di cassa. Infatti il costo degli investimenti sarà riconosciuto solo alla completa realizzazione delle opere, anche se nelle tariffe ci sarà un importo per alimentare un fondo che sostenga questi nuovi investimenti.
Sarà sempre più a rischio reperire risorse finanziarie e quindi di poter attuare gli importanti investimenti di cui molte aziende municipalizzate hanno bisogno.
Rischiano di essere dunque ingenti i danni che questo provvedimento potrebbe provocare ai sistemi di gestione ed erogazione dell’acqua. Ma quello che desta maggiore preoccupazione è soprattutto la violazione, ripetuta, di una scelta fatta dai cittadini chiamati alle urne.
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