Ambiente

Gamberetti, da delizia a incubo per salute e ambiente

Gamberetti e ambiente: un matrimonio che sembra essere davvero impossibile. Quello del commercio dei gamberetti ed in particolare dei gamberi tropicali è uno dei business meno sostenibili nell’industria ittica: vediamo come mai e cosa possiamo fare noi consumatori.

A chi non piacciono i gustosi gamberetti?! Non a caso, essi rappresentano il 20% del mercato ittico internazionale e la stragrande maggioranza di essi viene allevata al fine di rispondere con prontezza alla vasta domanda. Molto richiesti sono i gamberi tropicali (meglio conosciuti come mazzancolle e gamberoni), i quali provengono per l’82% da acquacoltura.

Gamberetti, da delizia a incubo per salute e ambiente

Gli italiani sembrano gradirli particolarmente, visto che il nostro Paese risulta essere il terzo importatore d’Europa. Ne importiamo da Cina, Thailandia, Indonesia, India, Vietnam, Brasile, Ecuador e Bangladesh.

Ma non tutti sanno che che il processo che li porta congelati al vostro negozio di alimentari a prezzi economici ha devastanti conseguenze ecologiche. Sia che si tratti di gamberi da allevamento che di quelli selvatici pescati “a strascico”. Nessuna delle due opzioni è buona per l’ambiente. Vediamo perché.

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Innanzitutto, gli allevamenti sono in stati dove le leggi sono più tolleranti nei confronti dell’uso di sostanze chimiche e danni ambientali: India, Bangladesh, alcunis tati dell’Africa. Qui i gamberetti d’allevamento sono ospitati in specchi d’acqua vicino alla costa, così che la marea possa trascinare via tutti i rifiuti in mare. Si tratta di stagni artificiali preparati con pesanti dosi di sostanze chimiche come l’urea e il perfosfato. In più i gamberetti sono trattati con pesticidi e antibiotici ma in alcuni Paesi dove è permesso anche con pescicidi (prodotti chimici di pesce simili al cloro come tripolifosfato di sodio, borace e soda caustica).

Gli allevatori di gamberi hanno distrutto circa il 38% delle mangrovie del Mondo per creare questi stagni artificiali e si tratta di danni permanenti che rende queste zone poi invivibili. Si calcola che bastino 1, 5 mq di terreno per produrre 1 kg di gamberetti, ma deve essere prima liberato dalle mangrovie e altri alberi acquatici e dopo 10 anni di sfruttamento è ridotto in uno stato tale da non potervi cresce nulla per almeno 40 anni.

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Ma la musica non cambia con i gamberi selvatici, poiché comporta l’utilizzo di pescherecci d’altura che provocano da 1 a 5 kg di “catture accessorie di altri pesci” (il pescato di pesce che non ha mercato e viene così buttato) per ogni chilo di gamberetti. E’ come sradicare una foresta con i bulldozer per cacciare un singola specie di uccelli. La pesca di gamberetti poi rappresenta solo il 2% del pescato mondiale, eppure è responsabile di oltre un terzo delle ‘catture accessorie’ del Mondo.

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Si può affermare che le conseguenze nefaste provocate dal commercio di gamberetti riguardino cinque aspetti:

1) Gamberetti e ambiente: i danni al territorio e all’agricoltura
Per realizzare gli allevamenti di gamberi spesso si distruggono le foreste di mangrovie. In Ecuador il fenomeno è particolarmente evidente, dato che proprio a causa dell’acquacoltura gamberiera il 70% delle foreste di mangrovie sono state eliminate. Inoltre, si deformano le coste, col rischio che l’acqua salata invada territori dove vi sono colture o specie vegetali. Sono stati poi soppressi campi coltivati, al fine di fare spazio a vaste distese di acqua marina pullulante di gamberi. I cicli di allevamento durano solo circa sette anni, dopo resta un deserto con il terreno salinizzato dove non si coltiva più nulla.

allevamento di gamberetti
Foreste di mangrovie in Thailandia rimpiazzate da impianti di allevamento di gamberetti

2) Inquinamento degli impianti
Gli impianti che trattano questi crostacei producono inquinamento a causa dei rifiuti organici da essi rilasciati e dai mangimi non consumati. Ad essi vanno aggiunti gli antibiotici che vengono utilizzati in maniera massiccia per combattere le malattie nascenti dal sovraffollamento degli allevamenti, sovraffollamento conseguente alla volontà massimizzare quanto più possibile i profitti; i pesticidi utilizzati per limitare la presenza di organismi indesiderabili.
Insomma, ciò che ne viene fuori è una miscela micidiale, che si riversa nel mare, uccidendo i pesci che vivono liberi.

3) Abbandono delle terre
Anche in Bangladesh è molto evidente il fenomeno dei campi coltivati sacrificati per la produzione di gamberi. Ne consegue che solo in questo paese ben 300.000 contadini siano stati costretti ad abbandonare le proprie terre.

4) Sfruttamento minorile:
Infine, c’è la questione dello sfruttamento minorile, molto diffuso soprattutto in India ed in Thailandia. Paesi nei quali vengono fatti lavorare anche bambini al di sotto dei dieci anni. Sfruttate manco a dirlo anche le donne, pagate pochi centesimi al giorno per molte ore di lavoro. Ora non potete dire di non saperlo….

5) Gamberetti e salute
Aggiungiamo infine che molte partite di gamberetti che provengono dai paesi asiatici non vengono testate dagli organismi di controllo, e vi si possono trovare 162 tipi di batteri diversi e 10 di antibiotici, beh… Chi ha ancora voglia di mangiarli?

Luca Scialò

Nato a Napoli nel 1981 e laureato in Sociologia con indirizzo Mass Media e Comunicazione, scrive per TuttoGreen da maggio 2011. Collabora anche per altri portali, come articolista, ghost writer e come copywriter. Ha pubblicato alcuni libri per case editrici online e, per non farsi mancare niente, ha anche un suo blog: Le voci di dentro. Oltre alla scrittura e al cinema, altre sue grandi passioni sono viaggiare, il buon cibo e l’Inter. Quest’ultima, per la città in cui vive, gli ha comportato non pochi problemi. Ma è una "croce" che porta con orgoglio e piacere.

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