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In California cannabis biologica per scopi terapeutici

In California l’utilizzo della marijuana a scopo terapeutico è considerato legale dal 1996, ma oggi i pazienti vogliono maggiori controlli sulla presenza di pesticidi nelle coltivazioni e reclamano la cannabis biologica.

A San Francisco si sta lentamente diffondendo una nuova moda, quella della cannabis biologica. Coloro che la consumano per motivazioni terapeutiche sono sempre più attenti alla provenienza delle piante, preoccupati sia dall’impatto ambientale della coltivazione che dall’utilizzo sconsiderato di pesticidi.

In California cannabis biologica per scopi terapeutici

Secondo recenti ricerche presentate alla conferenza di Emerald, un meeting specializzato proprio nello studio della cannabis, si è ribadita la presenza di circa 200 diversi pesticidi nella marijuana. Tra le varie sostanze di contaminazione sono stati individuati muffe, batteri, funghi, prodotti chimici, fungicidi, solventi, tossine e metalli.

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Tutti questi elementi, utilizzati per garantire una crescita maggiore delle piante, finiscono poi nelle acque dei fiumi aumentando i livelli di inquinamento. Inoltre non è da sottovalutare l’intossicazione a cui si espongono i malati.

Sfruttando l’onda del momento, un dispensario locale, il San Francisco Patient Resources Center ha iniziato a vendere una tipologia di cannabis biologica coltivata all’esterno utilizzando solo nutrienti organici e non pesticidi. E’ disponibile perfino una coltivazione vegana, in cui sono aboliti i prodotti di origine animale.

I prodotti non possono essere etichettati come biologici, ma i coltivatori seguono comunque le linee guida conformi al bio. Al momento queste aziende produttrici non possono ancora ottenere la Clean Green Certifications, la certificazione biologica rilasciata da parte del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti. Questo perché la marijuana è ancora illegale per i federali.

In California cannabis biologica per scopi terapeutici
In California cannabis biologica per scopi terapeutici

In regime illegale la coltivazione della cannabis avviene in condizioni controllate, al chiuso, utilizzando lampadine ad alta potenza, deumidificatori e generatori, spesso spruzzando prodotti chimici per aumentarne la resa e, in generale questo metodo aumenta notevolmente il consumo di energia elettrica, contribuendo ad emettere CO2. In una situazione legale, si può coltivare all’esterno, lasciando invece che la pianta cresca spontaneamente all’esterno, seguendo una procedura di controllo conforme alla certificazione biologica, non farebbe aumentare il prezzo ma garantirebbe una maggiore sicurezza soprattutto per tutti quei pazienti che devono lottare contro mali spesso incurabili.

Riflettiamo sugli effetti che questo tipo di coltivazione causa anche sull’inquinamento delle falde acquifere e sulle emissioni di carbonio.

Alessia Fistola

Nata in Abruzzo nel 1982, si trasferisce a Roma per conseguire una laurea e un master in psicologia, ma dopo una decina d'anni rientra nel suo piccolo paese ai piedi della Majella, fuggendo dalla vita metropolitana. Attualmente coniuga l'attività di psicologa libero professionista con la passione per la scrittura, un hobby coltivato sin dalle scuole superiori. Collabora con la redazione di Tuttogreen dal 2011, cura un blog personale di taglio psicologico e scrive articoli per un mensile locale. Nel tempo libero ama passeggiare nei boschi e visitare i piccoli borghi, riscoprendo le antiche tradizioni d'un tempo.

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