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Vendita auto elettriche, perché è ferma?

La vendita auto elettriche è ferma, nonostante i veicoli siano ecologici, non inquinino, consumino poco e siano di facile manutenzione, perché? Proviamo a spiegarlo.

Prezzi troppo alti, prestazioni limitate, incentivi ancora deboli, scarse infrastrutture: sono queste le cause principali che stentano a far decollare il mercato delle auto elettriche in Italia.

Vendita auto elettriche, perché è ferma?

Nel 2013 si sono vendute poco più di 800 vetture, 345 nel primo semestre dell’anno in corso, con una media di sole 30/40 nuove immatricolazioni negli ultimi mesi. Numeri decisamente non confortanti, che dimostrano le difficoltà incontrate dal 100% elettrico nel nostro Paese, confinato ancora al di sotto dello 0,1% del venduto totale.

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Nonostante i proclami e le speranze, le vetture elettriche rappresentano un mercato di nicchia, e se è pur vero che nel corso degli anni si registra una crescita costante delle immatricolazioni, bisogna comunque considerare che si tratta di cifre veramente basse, tra l’altro riguardanti soprattutto i servizi di noleggio o le flotte aziendali. Siamo dunque ben lontani dalla diffusione tra i privati, l’unica in grado di invertire il trend e rilanciare anche questo settore della mobilità sostenibile.

I battery electric vehicle pagano il prezzo per i loro costi ancora troppo elevati, poiché anche una semplice utilitaria richiede un sovrapprezzo di circa 10-15mila euro rispetto ai suoi concorrenti a benzina, a gasolio o ibridi, per di più non riuscendo a garantire le stesse prestazioni in termini di velocità e autonomia.

Eppure, se si giungesse a una situazione di parità di prezzo, i mezzi elettrici sconterebbero ancora i limiti sopraccennati ma potrebbero far pesare la loro convenienza, visti  i costi di gestione e manutenzione nettamente più bassi rispetto ai modelli tradizionali (richiedono unicamente la sostituzione dei pneumatici), senza trascurare il vantaggio per l’ambiente, derivato dall’abbattimento delle emissioni nocive.

Le principali responsabili del costo elevato delle vetture elettriche restano le batterie, che impiegano materiali rari, risultano ancora troppo pesanti e costringono a frequenti sostituzioni, poiché garantiscono in media una durata di 150.000 Km. La ricerca in questo settore dovrà compiere dunque passi da gigante, se vorrà portare questi mezzi ecologici a competere con quelli a motorizzazione convenzionale.

Se i limiti in velocità e autonomia tengono lontani dalle auto elettriche gli automobilisti incalliti, che ricorrono a un uso intensivo delle quattro ruote, queste vetture ecologiche potrebbero trovar maggior fortuna nei contesti urbani e per le brevi distanze. Per renderle competitive occorrerebbero però valide politiche di incentivi pubblici, ma purtroppo quelle messe in campo in questi anni si sono dimostrate piuttosto deludenti e inefficaci.

Non solo geograficamente siamo ben lontani dalla Norvegia, dove anni di politiche accorte hanno permesso una notevole diffusione dei mezzi elettrici, che sfiorano addirittura il 3% delle immatricolazioni complessive.

Nel Paese scandinavo son bastati alcuni provvedimenti ad hoc in favore degli acquirenti di queste vetture (esenzioni fiscali eliminazione dell’IVA, stop ai pedaggi autostradali, parcheggi riservati, accesso a corsie preferenziali, ingresso nelle ZTL ecc.) per sancire il successo della mobilità dolce 100% elettrica. L’obiettivo è ora quello di raggiungere quota 50mila mezzi in circolazione nel 2018.

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Auto elettrica aziendale, sono poche quelle acquistate dai privati

Numeri che paiono miraggi in Italia, dove gli incentivi sono stati frammentati fra tutte le vetture con tecnologie a bassa emissione, con proporzioni che hanno svantaggiato quelle elettriche. I fondi messi complessivamente a disposizione per l’acquisto delle auto meno inquinanti si sono rivelati insufficienti e inefficaci (40 milioni di euro nel 2013, 35 nel 2014), nonché piuttosto discutibili per le modalità di erogazione. Solo una piccola parte dei bonus può infatti essere ottenuta senza l’obbligo della rottamazione di un veicolo usato. L’incentivazione lanciata a partire da marzo 2013, corrispondente al 20% del valore dell’auto fino a un massimo di 5mila euro, non ha comunque sortito gli esiti sperati, come dimostrato dai deludenti dati delle vendite.

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Vendita auto elettriche, perché è ferma?

Per quanto riguarda le altre agevolazioni (tasse, parcheggi, permessi ecc.), si riscontra invece la mancanza di una politica omogenea a livello nazionale, se si esclude l’esenzione dal pagamento del bollo per i primi cinque anni. Tutto è lasciato alle volontà delle singole Regioni o dei Comuni, con situazioni differenti e più o meno positive, che non contribuiscono a creare benefici rilevanti per il comparto.

In generale, si avverte l’assenza di una politica di programmazione seria sulla mobilità sostenibile, mentre anche l’azienda nazionale non pare credere e puntare su questo settore eco-friendly, di fronte a una domanda ancora carente.

Come proposto da alcuni esperti, dato che le autorità locali sono costrette a introdurre vetture elettriche nel loro parco automobili  per rispettare le direttive comunitarie in termini di riduzione delle emissioni, bisognerebbe che la politica riuscisse a trasformare questi benefici collettivi anche in vantaggi concreti per i singoli acquirenti. In pratica, il sollievo per il minore inquinamento e i diminuiti consumi energetici assicurati dalle auto elettriche, dovrebbe esser tradotto in maggiori incentivi pubblici, per favorire la graduale svolta verso la mobilità sostenibile.

Bisogna inoltre considerare che, laddove sono state sperimentate forma di mobilità elettrica grazie a consistenti investimenti e a una proficua rete creatasi fra case produttrici, enti locali e aziende pubbliche e private (ad esempio a Napoli col  servizio di car sharing 100% elettrico e il primo progetto nazionale di “refezione eco-sostenibile”), la risposta del pubblico non si è fatta attendere. Migliorare lofferta significa quindi aver più possibilità di incontrare i favori dei cittadini.

Al di là dei limiti legati alle prestazioni, un altro grosso scoglio sulla via della diffusione delle auto elettriche è costituito dalla lenta realizzazione delle infrastrutture di ricarica, prevista dal Piano nazionale infrastrutturale dell’agosto 2012. I cinque progetti pilota ammessi all’incentivazione pubblica riscontrano ritardi e incompletezze, a causa del mancato coinvolgimento delle amministrazioni comunali e del ridotto inserimento di mezzi elettrici nelle flotte pilota. Nel complesso, i punti di ricarica per vetture elettriche ad accesso pubblico sono circa 500, con una dislocazione provinciale tutt’altro che omogenea. Resta così un circolo vizioso, dove ai pochi mezzi elettrici in circolazione corrisponde un’insufficiente diffusione delle colonnine per la ricarica.

Non appaiono dunque realistiche le previsioni fatte in tempi piuttosto recenti, secondo le quali il numero delle auto elettriche in Italia sarebbe salito a 2-3,5 milioni entro il 2020. Se la politica non fornirà risposte adeguate, tale cifra potrà sembrare un’utopia anche in anni ben più lontani.

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