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A mali estremi, estremi rimedi: quando tutti i piani per fermare il Global Warming avranno fallito.

La domanda è provocatoria e se la pone, cercando di darsi delle risposte concrete, il magazine Popular Science, che passa in rassegna alcuni piani per fermare il surriscaldamento globale ipotizzati all’interno della comunità scientifica, qualora i piani e le misure attuali non sortissero effetto o venissero boicottati, come per altro in parte sta succedendo, soprattutto da governi poco consapevoli di questo problema.

A mali estremi, estremi rimedi: quando tutti i piani per fermare il Global Warming avranno fallito.

La prima soluzione per fermare il tracollo climatico, è la più ovvia: piantare più alberi. Nel 2009 la NASA dichiarò che si sarebbero dovuti imboschire i deserti del Sahara e dell’Australia, con un assorbimento di ben 12 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno, circa un terzo delle emissioni globali del 2010! Ma il progetto è rischioso e dispendioso; trasformare due zone desertiche in forestali significherebbe alterare l’equilibrio dell’intero pianeta; il clima sahariano infatti, mantiene sottocontrollo il processo di formazione dei cicloni nell’area atlantica. Inoltre, il processo di desalinizzazione dell’acqua necessaria all’irrigazione, porterebbe il costo totale del progetto a più di un trilione di dollari l’anno!

Verrebbe più semplice ed economico fertilizzare gli oceani. È stato provato che bombardare l’acqua marina con del ferro, stimola la produzione di fitoplancton, organismi unicellulari responsabili di sintetizzare la metà dell’ossigeno prodotto dalla flora mondiale. Ma i ricercatori della Britain’s Royal Society (consulente del governo britannico in diverse materie scientifiche) hanno stimato che pur con una massiccia fertilizzazione, non si riuscirebbe ad abbassare la concentrazione di anidride carbonica a livelli significativi.

Una terza soluzione arriva dai Paesi Bassi: nel 2008, lo scienziato Rolf Schuttenhelm propose di costruire una diga lungo il Mare di Bering, per impedire alle acque dell’Oceano Pacifico di fluire verso il Polo Nord; la diga provocherebbe il ri-congelamento della calotta artica che abbasserebbe la temperatura del Globo. Nel 2006 l’astronomo Robert Angel propose invece di inviare nello spazio 16 trilioni di specchi per schermare i raggi solari. I costi non sono stati neppure calcolati…

L’ultima è la “Pinatubo option”. Nel 1991, il Monte Pinatubo, un vulcano delle Filippine, diffuse nell’atmosfera circa 20 milioni di tonnellate di biossido di zolfo, che fecero abbassare la temperatura media della Terra di circa mezzo grado Celsius nell’anno successivo. Da qui, i ricercatori del progetto britannico SPICE (Stratospheric Particle Injection for Climate Engineering) hanno studiato l’ipotesi di innalzare palloni aerostatici, della grandezza di uno stadio, pieni di particelle di solfato.

Il processo dovrebbe però essere ripetuto ogni tre-quattro anni – dato che l’effetto sul clima di questa manovra sarebbe solo nel breve termine – e gli effetti collaterali sul clima sarebbero comunque disastrosi; specialmente nel caso in cui le operazioni dovessero interrompersi: la temperatura dell’atmosfera schizzerebbe verso l’alto, causando lo scioglimento del permasfrost terrestre con conseguente rilascio di gas metano, trenta volte più nocivo dell’anidride carbonica.

Insomma, ci sembra di potere dire che non ci siano troppi piani-B fattibili in circolazione e che la cosa più sensata sia lavorare seriamente e da subito per limitare al massimo il peso del fattore antropico nell’ambito del surriscaldamento globale.

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La Ica

Web editor freelance per portali e siti che si occupano di viaggi, lifestyle, moda e tecnologia. Districatrice di parole verdi per TuttoGreen dal maggio 2012, nello stesso anno ha dattiloscritto anche per ScreenWeek. Oggi, pontifica su Il Ruggito della Moda, scribacchia di cinema su La Vie En Lumière, tiene traccia delle sue trasvolate artistiche su she)art. e crea Le Maglie di Tea, una linea di magliette ecologiche.

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