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L’albero del pane, il nuovo superfood

L’albero del pane, conosciuto anche come Ulu, è una pianta è una pianta tropicale diffusa nel Sud-Est Asiatico, in India e alcune isole dell’Oceano Pacifico: studi recenti mostrano come potrebbe essere importante per la lotta alla fame nel mondo e non solo.

Origine

L’albero del pane, ossia dacci oggi… il nostro albero del pane quotidiano. Di fronte allo spettro della fame che anche in futuro colpirà sempre di più le popolazioni povere, la messa in pratica di quest’invocazione potrebbe aiutare a risolvere tale grave problema.

Un problema aggravato dall’effetto serra che causa l’innalzamento dei mari e l’aumento della concentrazione salina dei terreni, compromettendone la fertilità.

Già secondo un’antica leggenda hawaiana, un dio di nome Ku riuscì a salvare la propria famiglia dalla carestia, seppellendosi e riemergendo dalla terre come prolifico albero del pane. Chissà che il miracolo torni a ripetersi, grazie alle straordinarie proprietà di questa pianta.

Il suo nome scientifico è Artocarpus altilis. E’ originaria della Nuova Guinea, diffusa oggi in 90 Paesi sparsi particolarmente nelle aree tropicali e nelle isole meridionali dell’Oceano Pacifico.

Da dove viene l’albero del pane: un po’ di storia

Conosciuto anche col nome di Ulu, l’albero del pane è stato coltivato sin da epoche remote in Polinesia, Melanesia e Micronesia, prima di far la sua comparsa ai Caraibi (precisamente in Giamaica), dove fu portato alla fine del XVIII secolo dal comandante del Bounty al fine di fornire cibo nutriente ed economico agli schiavi costretti a lavori massacranti.

Da allora, l’Artocarpus (dal greco artos=pane e karpos=frutto) continua a fornire quei caratteristici frutti all’origine del suo nome, che costituiscono una parte fondamentale della dieta degli abitanti di tali aree.

Per capire la sacralità di questa pianta, basta considerare che una tradizione polinesiana vuole che se ne pianti una alla nascita di ogni bambino, al fine di garantirgli nutrimento per tutta la vita.

SPECIALE: Nergi (o baby-kiwi o kiwi siberiano): simile al kiwi, ma più piccolo, è anche ipocalorico ed è un vero e proprio superfood.

La pianta

Alto fino a 20 metri, l’albero del pane è una pianta adatta ai terreni salati, particolarmente resistentelongeva e facile da coltivare, che dai tre anni di vita produce frutti (breadfruit) per decenni con una resa per ettaro nettamente superiore a quella di riso, grano e mais, che tra l’altro sono colture annuali e richiedono un quantitativo di lavoro maggiore.

Un Artocarpus altilis maturo produce fino a mezza tonnellata di frutta l’anno, e un ettaro piantato ad una densità di 125 alberi può arrivare a rendere annualmente fino a 30mila Kg di breadfruits!

Le proprietà dell’albero del pane

La ricchezza di questa pianta risiede infatti nei suoi frutti della grandezza di un melone.

Sono dalla scorza verde e ruvida e dalla polpa bianca e farinosa,

 

Particolarmente economici e nutrienti, questi frutti sono ricchi di carboidrati privi di glutine, hanno un alto valore energetico e contengono pochi grassi oltre a buoni quantitativi di potassio, calcio, magnesio, ferro, fibre e vitamine B1 e B3.

Pensate, un solo frutto di 3 Kg riesce a fornire la porzione di carboidrati di un pasto per una famiglia di 5 persone e contiene una quantità di potassio pari a quella di 10 banane.

Senza dimenticare che le sue proteine possiedono più aminoacidi di quelle della soia, mentre alcune varietà di questa pianta sono ricche di antiossidanti e carotenoidi.

Sempre dai frutti si può ricavare inoltre una farina particolarmente adatta per la preparazione di dolci molto saporiti, quali i pancake.

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Ricco di proteine, vitamine e calorie, fornisce sali minerali in quantità, cresce senza cure: è perfetto per sfamare chi soffre la fame senza importare cibo

Gli utilizzi dell’albero del pane

I suoi utilizzi sono molteplici. Questa pianta può esser sfruttata anche per altri innumerevoli utilizzi: i fiori maschili e i semi sono commestibili e ricchi di proteine. Dalla scorza interna si ricavano fibre tessili; il legno può esser impiegato per la costruzione di case, mobili e piroghe.

Il lattice vischioso ha proprietà curative poiché antimicotico e astringente, mentre la bellezza del fogliame si presta a funzioni ornamentali.

Possiamo quindi capire perché, al di là delle leggende sulla sua origine divina, sin da tempi immemorabili l’albero del pane abbia suscitato la massima ammirazione dei viaggiatori e dei botanici di tutto il mondo.

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In cucina

I frutti dell’albero del pane possono esser cotti, arrostiti in forno, fritti o seccati e si fanno apprezzare per il loro sapore simile a quello del pane o delle patate, contenendo fecola.

L’albero del pane per combattere la fame nel mondo

Questa pianta straordinaria potrebbe svolgere oggi un ruolo fondamentale anche nel combattere la piaga della fame.

Secondo il National Tropical Botanical Garden più dell’80% delle persone afflitte dalla fame vivono nelle regioni tropicali o subtropicali. Ossia proprio in quelle aree che meglio si prestano alla coltivazione dell’albero del pane, una coltura che richiede poche cure e fornisce produzione per decenni.

Organizzazioni come Global Breadfruit e Breadfruit Institute presso il National Tropical Botanical Garden sono impegnate da tempo nel diffondere le varietà più adatte di questa pianta. Sono attive specialmente in quei Paesi che sono maggiormente alle prese coi problemi della mancanza di cibo e sono costretti ad importare la maggior parte dei generi alimentari di cui necessitano.

Micropropagazione

Il sistema della micro-propagazione, tramite la clonazione, permette di ottenere una grande quantità di alberi spostando nei vari Paesi solo alcune cellule e non le radici.

Si evita così anche il rischio di trasportare batteri e microrganismi nocivi.

Il Breadfruit Institute è riuscito a fornire ben 35mila piante a 26 Paesi tropicali, tra cui Haiti e Giamaica.

L’albero del pane, il nuovo superfood

 

Un risultato straordinario, ancora insufficiente però ad esaudire tutte le richieste pervenute.

Nel corso di quest’anno, intanto, altri 5.000 Artocarpus altilis verranno piantati in Liberia, Ghana, Haiti e in America centrale, a testimonianza degli sforzi intrapresi da questo istituto hawaiano, profondamente convinto che i frutti di questa pianta possano fornire un contributo fondamentale nella lotta alla fame nel Mondo.

Albero del pane: quali prospettive?

Attualmente team di scienziati stanno cercando di capire quali varietà si adattino meglio a certi ambienti e climi tipici di quei Paesi dove regna l’insicurezza alimentare.

E’ fondamentale identificare le varietà dei frutti che garantiscano la miglior produzione e il maggior contenuto in proteine.

Una varietà originaria delle Samoa denominata Mafa’ala, ad esempio, porta frutti per più tempo rispetto a quelle diffuse nei Caraibi, che limitano il periodo di fruttificazione all’arco temporale da luglio ad ottobre.

Perfezionati i metodi di micro-propagazione, i ricercatori cercheranno ora di diffondere il più possibile questa ed altre varietà del Pacifico che producono in differenti periodi dell’anno.

Coltura dei tessuti

Tramite il ricorso al metodo di coltura dei tessuti, gli studiosi sono impegnati poi nel tentativo di creare varietà di alberi del pane resistenti alle malattie, che producano precocemente (a 2 anni di età invece che a 3) il quantitativo più alto di frutta. Il tutto per coronare un sogno: quello di tappezzare al più presto tutti i Caraibi con queste piante altamente economiche e produttive.

Un’altra importante organizzazione impegnata nel combattere la fame nei Paesi tropicali è la Trees That Feed Foundation, che ad Haiti mira a fornire una corretta ed equilibrata alimentazione ad almeno 1.000 orfani al giorno, grazie proprio alle benefiche proprietà dei breadfruit.

Più alberi del pane verranno piantati, più questi Paesi potranno fronteggiare il problema della denutrizione, riducendo al contempo le importazioni di generi alimentari che tanto pesano sulla bilancia commerciale.

Una buona pratica che si tradurrà in notevoli benefici ambientali, poiché queste piante contribuiscono a ridurre gli effetti nocivi delle emissioni di CO2, permettono ottime produzioni senza dover aumentare gli spazi per l’agricoltura intensiva, ed infine non richiedono particolari cure, non necessitando perfino del’annuale aratura del terreno.

Ku è pronto ancora a riemergere per donare i suoi frutti agli abitanti della terra: sta ora a noi concedergli questa possibilità!

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Published by
Marco Grilli

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