Brutte notizie per chi soffre di allergia ai pollini: entro il 2050 i livelli nell’aria dei granuli pollinici di ambrosia invasiva saranno quattro volte superiori a quelli attuali. A rilevarlo un gruppo di scienziati del progetto europeo Atopica (nome abbreviato di Atopic diseases in changing climate, land use and air quality) il cui studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica Nature Climate Change.
L’ambrosia artemisiifolia è una pianta originaria del Nord America, particolarmente diffusa in Ungheria, Italia (nella parte occidentale della Lombardia) e Francia (soprattutto nelle regioni della Borgogna, dell’Alvernia e del Rodano-Alpi).
Essa produce grandi quantità di polline altamente allergenico, che comporta patologie quali rinite, congiuntivite e asma. Ne produce in gran quantità soprattutto in agosto e settembre, estendendo fino all’autunno, per le persone sensibilizzate, il periodo delle allergie.
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Secondo lo studio, a quadruplicare la produzione di polline sarebbero per due terzi i cambiamenti climatici e per un terzo la colonizzazione di nuovi ambienti favorita dalle attività umane. Ma a pesare è anche l’innalzamento dei livelli di anidride carbonica nell’aria, che influenzano positivamente lo sviluppo della vegetazione.
Come sono giunti i ricercatori a questa conclusione? Mediante due diversi tipi di modelli numerici: il primo, per simulare i cambiamenti climatici sulla base della quantità di gas serra che sarà potenzialmente emessa negli anni a venire; il secondo, per simulare i fenomeni di invasione della pianta, la produzione e il rilascio di polline e la sua dispersione nell’aria.
Speriamo che questo studio si sbagli, o quanto meno, che quest’ulteriore sconvolgimento degli ecosistemi venga opportunamente monitorato e prevenuto.
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