Fanno discutere le recenti dichiarazioni del vicedirettore generale della Banca d’Italia, Anna Maria Tarantola (ancora non approdata in RAI) riguardanti le infiltrazioni della mafia nel business dell’eolico e dello smaltimento dei rifiuti. Secondo la manager, infatti, questi sarebbero i settori più ‘inquinati’ dalle intromissioni della criminalità organizzata, segnalate da oltre 300 aziende del settore nel solo nel 2010.
Durante l’audizione presso la Commissione Parlamentare Antimafia, la Tarantola ha parlato anche delle modalità di azione dei clan mafiosi in un altro comparto particolarmente bersagliato – quello delle cave e del movimento terra – precisando che le infiltrazioni avvengono soprattutto tramite l’utilizzo di cave in disuso o abusive, trasformandole in discariche illegali nelle quali finisce ogni genere di rifiuto.
Parole allarmanti, dunque, che riferiscono di una situazione generale particolarmente minacciosa per la salute dei cittadini, l’ambiente e le casse dell’erario, visto che il valore medio del sommerso fiscale e criminale derivante dalle attività illecite si è attestato, tra il 2005 e il 2008, al 16,5% raggiungendo un allarmante 10,9% del PIL (fonte: studio Banca d’Italia – Università Federico II di Napoli – Università di Torino).
La vera sorpresa? Dai dati esposti durante l’audizione risulta che a registrare il maggior tasso di evasione/sommersione/attività illegali siano le province del centro-nord con un tasso di incidenza superiore a quelle meridionali.
Ma la piaga mafiosa che infetta l’economia del nostro paese si è estesa anche al settore dell’energia eolica, soprattutto in Sicilia e in Calabria. Abbiamo già parlato dello scandalo legato al sequestro del parco eolico di Girifalco e abbiamo visto come gli interessi delle cosche locali che gravitano intorno alle rinnovabili siano sempre più radicati.
Dalle segnalazioni arrivate alle autorità competenti e dalle indagini condotte da l’UIF (Unità di Informazione Finanziaria) nel biennio 2010-2011 il coinvolgimento delle mafie nella realizzazione e gestione dei parchi di energia eolica è stato pienamente confermato.
Funziona così: si parte dal reclutamento di società colluse incaricate di predisporre i progetti; con un meccanismo basato su un sistema di corruzione dilagante, tali società riescono ad ottenere le autorizzazioni necessarie per la costruzione degli impianti su determinati terreni, concessioni che poi vengono rivendute alle imprese coinvolte nella costruzione vera e propria degli impianti eolici.
Un ingranaggio dai meccanismi ben oliati e collaudati, che garantisce il perfetto funzionamento di quelle che oggi vengono definite ‘ecomafie’. Un virus che continua a contagiare sempre più territori e realtà produttive, il cui destino è troppo spesso legato a doppio filo al business di stampo mafioso.
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