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Auto ad acqua: storia di una bufala.. o di aspettative eccessive

La fine della civiltà del petrolio è sempre meno lontana e l’attenzione verso modalità di trazione alternative rispetto a quelle a benzina sta orientando sempre maggiormente il dibattito sulla mobilità sostenibile negli ultimi anni.
In passato, abbiamo analizzato – non senza critiche e perplessità – il modello dell’auto ad aria compressa: oggi ci cimenteremo con qualcosa di ancora più misterioso, un vero e proprio mito che gira per la rete da qualche anno, quello dell’auto ad acqua.

Tutto nasce dall’annuncio fatto tre anni orsono da parte dell’azienda giapponese Genepax, che asserì di essere in grado di produrre un’auto in grado di funzionare esclusivamente ad acqua, sia dolce, che salata o piovana.
Secondo le informazioni fornite sul siito web dell’azienda all’epoca dell’annuncio, questa auto ad acqua con solo un litro di acqua avrebbe potuto viaggiare per circa un’ora alla velocità di 80 km orari.

Il prototipo sarebbe dotato di un generatore interno in grado di scomporre, in tempo reale, la semplice acqua in idrogeno e ossigeno. L’idrogeno, poi, alimenterebbe la “fuel cell”, permettendo alla macchina di muoversi.

I dubbi che sorgono a questo punto a mio parere sono due:

1) Per prima cosa, sappiamo che la separazione delle molecole di idrogeno e di ossigeno necessità di una grande quantità di energia, presumibilmente molto di più di quella che si ottiene allo stadio finale. Quindi, il processo andrebbe subito in deficit, consumando più di quel che rende.

2) Il secondo dubbio che ci assale è come l’auto riesca a mantenere un moto costante. L’estrazione dell’idrogeno dall’acqua non è un procedimento complesso: può banalmente essere ottenuto anche immergendo barre di alluminio nell’acqua. Il problema è che si tratta, appunto, di un fenomeno non continuo: la generazione dell’idrogeno avviene in contemporanea con la formazione di ossido di alluminio sulla superficie delle barre stesse, e si interrompe quando non rimane più superficie di alluminio da ossidare.

Qualcuno potrebbe obbiettare che la Genepax ha offerto una dimostrazione: una piccola auto alimentata ad acqua ha effettivamente funzionato davanti alla stampa e al pubblico. Si potrebbe ribattere, però, che un sistema a piastre di alluminio può facilmente generare idrogeno sufficiente per far percorrere un paio di km a una vettura. Ma da qui a dire che il veicolo potrebbe sostenere un viaggio di un’ora… pare quanto meno azzardato. Ecco comunque il video della dimostrazione:

Se l’intuizione poteva essere corretta, è stato sicuramente di cattivo gusto presentarla come la soluzione energetica del secolo. La famosa agenzia di stampa mondiale Reuters aveva diffuso la notizia, ripresa in seguito da testate come il Corriere della Sera.

Oggi il sito della Genepax (http://www.genepax.com/) pubblicizza kit di conversione in idrogeno (Water4Gas e Gas4Free) e non un’auto fatta e finita: segno forse che le problematiche di alimentazione di un’auto non sono così vicine all’essere risolte da questo tipo di soluzione.
Lo stesso amministratore delegato di Genepax, Kiyoshi Hirasawa, ha ammesso che l’applicazione pratica delle soluzioni brevettate da Genepax non è prevista nel futuro immediato.
Forse troppe aspettative più che bufala tout court, ma in ogni caso non una soluzione a breve di mobilità sostenibile.

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Published by
Jessica Ingrami

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