Basilicata e Petrolio, una lunga storia ma non a lieto fine
La tormentata love story tra Basilicata e Oro nero è iniziata verso la fine degli anni ’80, sebbene le estrazioni si siano intensificate una decina di anni dopo e si fosse a conoscenza dell’esistenza del petrolio nel sottosuolo lucano già un secolo fa.

Ne parlò qualche anno fa in un’intervista al Corriere della sera Emilio Colombo, personaggio di spicco della Democrazia cristiana di origini potentine: Presidente del Consiglio dal ’70 al ‘72, più volte ministro, presidente del Parlamento Europeo ed oggi senatore a vita dal 2003. E lo ha fatto con toni neorealisti e nostalgici, degni del miglior Giovanni Verga.
Racconta Emilio Colombo che, mentre percorreva a dorso di mulo l’alta Val d’Agri per la campagna elettorale del 1946, i montanari con fare circospetto gli mostrarono una meraviglia nascosta presso Tramutola: una ferita della terra da cui colava un olio scuro. «Anni dopo, quand’ero sottosegretario all’ Agricoltura, me ne ricordai e avvertii Mattei. L’ Agip fece le sue ricerche ma non trovò nulla». Poi i giacimenti furono scoperti e se n’ è parlato poco. Il petrolio fu trovato nel 1988 ed estratto dieci anni dopo.
Soltanto ora però si arriva a seimila metri di profondità, dov’è nascosto il 6% del fabbisogno nazionale, che si vuole portare al 7%. Anzi, i tecnici ritengono che si possa arrivare perfino al 10%. La zona benedetta dall’Oro nero è quella di Viggiano, dove dal ‘ 400 si venera la Madonna patrona della Regione; anch’ella, ironia della sorte, nera.
La zona è oggi compromessa dal punto di vista ecologico, ma anche dal punto di vista socio-economico, giacché l’Eni ha fatto venire meno anche le prospettive che aveva promesso alle comunità locali. Si parlava di Fondazione Mattei per i giovani e un centro per il monitoraggio ambientale ma non hanno ancora deciso il posto. Vorrebbero fare la fondazione a Viggiano e il centro di controllo a Marsiconuovo, lontano dal centro oli ma in effetti sarebbe meglio il contrario.
Val d’Angri è diventata un Parco naturale nel 2007, dai confini “mobili”, che si spostano in caso di scoperta di un pozzo.
Un giorno il petrolio finirà, e i lucani avranno abbandonato i meleti, le piste da sci, gli scavi archeologici di Grumento. Tra l’altro, non c’ è neanche alcun controllo sui barili estratti.
I pozzi di petrolio della Val d’Agri (non a caso ribattezzata Valle dell’Agip) stanno trasformando di fatto Potenza da terra di meleti a un piccolo Texas. Di antiche origini preromane, il capoluogo lucano ha subito tutte le dominazioni della Penisola: quella longobarda, poi quella degli Svevi e degli Angioini. Ha subito anche varie distruzioni, sia a causa dei terremoti sia dei bombardamenti (1943).
Ma tutto questo passa in secondo piano, perché ormai la storia del territorio è drammaticamente legata al petrolio: si muore, ci si ammala, si compromette l’eco-sistema. Anche il Basento ci mette del suo, nel quale si estrae tanto gas, altra risorsa inquinante issata di recente a panacea per il rincaro-bollette dal Ministro Romani.
Sempre nella succitata intervista al Corsera, il senatore a vita Colombo parlò con fierezza e fare romanzato di quando, oltre un secolo fa, accompagnò il Presidente De Gasperi nella “sua” Basilicata, all’epoca autentico presepe vivente e incontaminato, di imparagonabile bellezza: Colombo racconta che De Gasperi rimase commosso dai sassi di Matera.
Chissà se i dati sulla mortalità legati alle estrazioni lo commuoverebbero lo stesso?