Trascorrere del tempo in un ambiente naturale ci rigenera sia dal punto di vista fisico che mentale: non è un caso se dopo una passeggiata in un luogo incontaminato ci sentiamo ricaricati e il fatto che sempre più persone cerchino questo tipo di esperienza ne è la conferma. Senza contare che numerosi studi ne dimostrano scientificamente i benefici, evidenziando che l’interazione con la natura aiuta a ridurre lo stress, ci rende più efficienti, migliora le nostre capacità di apprendimento. Accade perché la natura risveglia il nostro amore per la vita, identificato dal termine “biofilia“, dal greco “bio“, vita, e “philia“, amore.
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Fu Erich Fromm a coniare questo termine nel 1964 per indicare la tendenza innata dell’essere umano a essere attratto da ciò che è vivo e vitale. Difatti biofilia letteralmente significa “amore per la vita”, inteso come predisposizione biologica a preferire le relazioni con il mondo vivente.
Il concetto di biofilia venne poi ripreso dal biologo americano Edward O. Wilson, che vi dedicò il famoso libro “Biophilia”, dove la descrive come “la tendenza innata a concentrare la nostra attenzione sulle forme di vita e su tutto ciò che le ricorda“. Un bisogno primordiale, secondo Wilson, di cui l’uomo non sempre è consapevole.
Stando a questa teoria, tutti gli esseri umani hanno un’affinità con la natura che è frutto di una coevoluzione genetica e culturale. In passato, quando l’uomo ancora viveva di caccia e raccolti, il legame con la natura era fondamentale per la sua sopravvivenza, solo col passare del tempo ha iniziato a reciderlo senza accorgersi di stare perdendo qualcosa di prezioso.
Sincronizzare i nostri ritmi di vita con quelli naturali e ristabilire il legame ancestrale con Madre Natura può aiutarci a ritrovare il benessere che sentiamo di aver smarrito, come ribadisce l’antropologo culturale Wolf-Dieter Storl secondo il quale “Quello che tendiamo spesso a dimenticare nel mondo moderno è che dipendiamo dal suolo, che il sole, le condizioni atmosferiche e le piante sono qualcosa di assolutamente fondamentale per noi, e che nella nostra evoluzione ci siamo sviluppati insieme a loro come co-evolventi“.
Interagire con la natura e coltivare questa affinità nella vita di tutti i giorni, portandola anche tra le pareti domestiche, secondo numerosi studi comporta moltissimi benefici:
E se il design dei moderni edifici fosse controproducente per il nostro benessere psicofisico? Ne è convinto il dottor Craig Knight della Exeter University, secondo il quale la sola presenza di piante d’appartamento in uno studio di lavoro aumenta la produttività dei dipendenti di oltre il 15%, agendo positivamente sulla memoria, sulla concentrazione e su altri aspetti.
Non a caso sempre più designer si stanno orientando verso un nuovo modo di concepire gli interni, sviluppando il cosiddetto design biofilico, e la stessa cosa vale per l’architettura biofilica, che progetta edifici dove la natura e l’uomo interagiscono attraverso spazi che dialogano in modo diretto con l’ambiente. Ne sono un perfetto esempio gli edifici del progettista giapponese Kengo Kuma, concepiti per connettere uomo e natura, in totale contrasto con i trend del passato.
Ma quali sono le principali caratteristiche di questo nuovo modo di intendere il design e l’architettura?
Come portare la biofilia nella vostra vita quotidiana? Sicuramente trascorrere del tempo nella natura è il primo passo fondamentale, ma anche la casa può essere ripensata in ottica “naturale” apportando alcune semplici modifiche.
Il contatto diretto con l’ambiente naturale favorisce i processi di apprendimento dei bambini stimolandone le percezioni sensoriali. E secondo numerosi studi comporta tutta una serie di preziosi benefici:
In definitiva, la biofilia, ovvero l’amore per la vita (e per la natura), potrebbe davvero essere il segreto della felicità!
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