Forse non tutti lo sanno, ma l’Italia risulta il primo paese al mondo per immatricolazioni di auto a metano. Su per giù, il 2% dei mezzi gommati circolanti, alimentati con il prodotto raffinato del gas estratto dal sottosuolo.
Il metano è pulito ed ecologico – un’auto a metano consente un risparmio di emissioni del 21% rispetto al gasolio e del 24% rispetto alla benzina – tuttavia i vantaggi del prodotto finale si scontrano con gli svantaggi della materia prima fossile, la cui estrazione e lavorazione risulta costosa e impattante a livello ambientale.
Tuttavia, da qualche anno nel Belpaese si osserva un’emergente fenomeno. Secondo un recente studio, illustrato dall’Osservatorio agroenergia 2013, entro i confini nazionali al momento sono attivi 850 impianti per la produzione di biogas.
Si tratta di siti dove viene conferita la frazione umida dei rifiuti solidi urbani o agricoli: le esalazioni biologiche raccolte nei contenitori chiusi (di diversa taglia) vengono di qui trasformate in biometano, attraverso una procedura di raffinazione che porta a separare il gas da CO2, idrogeno solforato, ammoniaca e acqua.
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La rete di impianti ha attualmente una potenzialità di 5,6 miliardi di metri cubi all’anno, pari al 50% della produzione nazionale di gas dal sottosuolo. Con una forbice che entro il 2020 potrebbe coprire dal 5% al 10% del consumo lordo di energia, creando posti di lavoro nel settore agricolo – afflitto da un clima di pesante stagnazione – e allentando le briglie della dipendenza energetica “tout court” dai gasdotti stranieri.
Il pensiero va ai diversi utilizzi che potrebbe avere il biometano. Anzitutto il settore dei trasporti, proseguendo la “colonizzazione” del comparto pesante, che già oggi vanta centinaia di autobus e automezzi capaci di rilasciare nell’aria solo 5 grammi di anidride carbonica per Km percorso.
Una potenzialità che si punta ad estendere anche ai veicoli leggeri, anche creando soluzioni di metano-biometano.
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Sui tavoli si iniziano a vedere progetti concreti, come quello che vorrebbe utilizzare il biometano per riscaldare gli edifici, tuttavia rimane una forte tara da superare: gli elevati costi di produzione, ben superiori rispetto a quelli richiesti dal metano. Un empasse che la ricerca e le tecnologie potranno in ogni caso superare nel giro di pochi anni.
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