Buco dell’ozono: torna l’allarme
Sono trascorsi pochi mesi da annunci ottimistici sulla sorte del buco dell’ozono. Alcuni scienziati si erano addirittura sbilanciati sostenendo che il buco non faceva più paura e che nel giro di alcuni decenni si sarebbe addirittura richiuso. Qualcuno si era addirittura sbilanciato annunciando che il buco si sarebbe richiuso completamente entro il 2080, in particolare grazie alla messa al bando dei prodotti cfc (clorofluorocarburi).

Il buco scoperto nel 1985 al Polo Sud dallo scienziato britannico Jonathan Shanklin aveva immediatamente scatenato un allarme globale che aveva condotto l’Onu alla firma del protocollo di Montreal che chiedeva la abolizione dei clorofluorocarburi, responsabili dell’assottigliamento della fascia protettiva del gas, che svolge l’importante funzione di protezione dalle pericolose radiazioni ultraviolette UV.
Le ultime notizie smentiscono i facili entusiasmi e ripresentano la realtà sotto una luce differente, che fa ancora leva sull’allargamento del buco, soprattutto sul settore euro-atlantico dell’emisfero nord. I livelli sarebbero scesi ai minimi storici dal 1997.
La causa sarebbe la persistenza nell’atmosfera di agenti inquinanti. Secondo l’Omm, «Le osservazioni compiute dal suolo e attraverso palloni aerostatici al di sopra dell’Artico oltre che da satelliti rivelano che la colonna di ozono ha registrato una diminuzione di circa il 40% in questa zona tra l’inizio dell’inverno e la fine del mese di marzo».
I clorofluorocarburi, noti con la sigla cfc, hanno trovato negli anni diversi impieghi: dall’industria del freddo, come fluidi per i frigoriferi, a gas di propulsione per aerosol. Questi gas, che derivano dal metano e dall’etanolo, sono stati abbandonati alla fine degli anni ’80 poiché sono stati individuati come responsabili della formazione e allargamento del buco dell’ozono, ossia della degradazione dello strato di ozono nell’alta atmosfera alle alte latitudini.
Sebbene i cfc siano stati banditi, almeno in occidente, continuano a essere fisicamente presenti nella stratosfera. Questo a causa dell’elevato tempo di decadimento di queste sostanze (120 anni circa). Ci vorranno ancora parecchi anni prima che i cfc vengano eliminati e in più c’é da dire che mentre i paesi occidentali si sono adeguati probabilmente non si può dire lo stesso di altri: nelle nostre centraline di monitoraggio sul Monte Cimone, ad esempio, vediamo una forte diminuzione della presenza di queste sostanze, mentre non si può dire lo stesso di quelle sull’Himalaya, che ricevono le emissioni dall’Indocina, anche se é presto per dire se questo nuovo “buco” può essere imputato a cfc provenienti da Cina o India.
In ogni caso, sembra prematuro decretare come rientrata l’emergenza ozono.