Caos sulle etichette alimentari
L’etichetta alimentare dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) rappresentare uno strumento di tutela del consumatore: informazioni chiare, corrette e facilmente fruibili che ci permettono di acquistare in fiducia e scegliere in modo consapevole, rispetto alle proprie esigenze e ad un rapporto qualità/prezzo.

Perché “siamo ciò che mangiamo”. E ciò che mangiamo è proprio scritto lì, sulla carta d’identità del prodotto. A volte, a causa di diciture minuscole, nomi incomprensibili, oggettive difficoltà nella lettura e comprensione delle parole, decifrare un’etichetta si trasforma in un vero e proprio rebus e molti preferiscono addirittura ignorarla.
La lettura diventa così frettolosa, superficiale e ruba, al massimo, pochi istanti.
A questo proposito il Parlamento Europeo ha chiesto con forza l’introduzione di “un’etichetta alimentare obbligatoria e leggibile sull’imballaggio dei prodotti”. Obiettivo del progetto legislativo approvato dalla Commissione Ambiente, Salute Pubblica e Sicurezza Alimentare ad aprile, è la modernizzazione ma soprattutto la maggiore semplificazione e chiarezza della legislazione europea in merito.
La principale novità introdotta è la richiesta di “estendere l’obbligo di etichettatura del paese di provenienza a tutte le carni, al latte e prodotti derivati, ed altri alimenti a base di un unico ingrediente”.
Il testo modifica le regole sulle informazioni riportate sulle etichette obbligatorie (nome, elenco degli ingredienti, date di consumo con diciture quali “da consumarsi preferibilmente prima di”…) e introduce l’obbligo di fornire informazioni nutrizionali, fondamentali per la salute. Etichette dunque più precise ed esaurienti? Forse.
Ma per i consumatori (e non solo) non si può parlare di vittoria. La battaglia non è (ancora) vinta. E non si tratta nemmeno della prima che in Europa si compie sulle etichette alimentari.
Lo scorso giugno le grandi lobby alimentari avevano in ogni modo contrastato il cosiddetto “semaforo nutrizionale”, ovvero l’indicazione nutrizionale unica per cibi e bevande, che, riportando sui prodotti i tre colori del semaforo (verde, ambra e rosso) suggeriva la quantità relativa di energia, grassi, zucchero ed altro, contenuta nel prodotto alimentare di confezionamento industriale europeo, fornendo informazioni sulle possibili conseguenze per la salute.
Tornando a quest’ultimo “episodio” della saga sulle etichette alimentari, affiorano ulteriori elementi di dubbio, che poco sembrano convincere e soddisfare.
Innanzitutto proprio le informazioni nutrizionali finiranno nella parte posteriore della confezione. L’etichetta sarà collocata In una posizione poco visibile (alla faccia della trasparenza!). Secondariamente, puntare troppo sull’indicazione d’origine potrebbe indurre ad una sorta di “protezionismo” interno alla stessa Unione Europea.
Ed ancora si temono difficoltà per le PMI, per le quali sarà difficile indicare l’origine ed i passi successivi di tutti i prodotti, distinguendo filiera per filiera. Questo comporterebbe infatti uno sforzo ed un investimento non indifferente da parte del produttore.
Da non trascurare infine le dinamiche sottese a questo genere di battaglie: se da un parte c’è la volontà di tutelare e garantire la salute dei cittadini, dall’altra, come sempre, ci sono gli interessi delle grande aziende produttrici.
Si attende dunque il prossimo step, previsto proprio entro le fine dell’estate. Perché diventi legge il voto della commissione Ambiente dovrà essere approvato dall’intero Parlamento e poi superare il cosiddetto “trilogo”, ovvero le negoziazioni con Commissione Europea e Consiglio UE.
Gli interessi in campo sono tanti così come i possibili tornaconti. Si auspica che al primo posto vengano messi sempre e comunque i cittadini, garantiti nel soddisfacimento dei fondamentali bisogni di tutela e garanzie della salute.