Chernobyl, 25 anni dopo
Sono passati 25 anni da Chernobyl ed un pensiero su cosa rimane del più grave incidente nucleare della storia, sempre che Fukushima non finisca per rivelarsi peggiore di quello che secondo ogni evidenza è, va fatto.

Chernobyl è stato per molti di noi che scrivono, all’epoca ragazzini o bambini, il giorno della presa di coscienza della pericolosità intrinseca dell’energia nucleare.
Pochi dimenticheranno quei frenetici giorni che seguirono al fatidico 26 Aprile 1986, allorché un’esplosione al reattore 4 della centrale atomica di Chernobyl proiettò in cielo fino a duemila metri d’altezza una colonna di 35 tonnellate di combustibile radioattivo, che finì per disperdersi in un raggio di 1.200 chilometri.
I dubbi, i timori che le autorità sovietiche stessero sottostimando l’impatto dell’incidente, i pareri degli “esperti”, che dichiaravano o smentivano la pericolosità di mangiare frutta e verdura, la corsa agli scaffali che si verificò nei supermercati. Una cartolina sfocata di piccole angoscie, piccole rispetto a quelle vissute dagli abitanti della zona di Chernobyl, che non hanno più potuto fare ritorno alle loro case, a quelle dei “liquidatori” e dei loro familiari, a tutti coloro i quali hanno patito le conseguenze dirette di questo terribile incidente.
Una cartolina sfocata. Ecco perchè Chernobyl va ricordata. Perchè non debba più succedere un incidente simile e non debba più succedere che qualcuno ci faccia il lavaggio del cervello dichiarando che “un’altra Chernobyl (o un’altra Fukushima) non è possibile“: perchè col nucleare un’altra Chernobyl – o anche qualcosa di peggio – è sempre possibile. Perchè tanti piccoli incidenti equivalgono a una Chernobyl, o forse sono anche peggio perchè nessuno ne parla e nessuno se ne cura.
Ricordare Chernobyl oggi significa non sottrarsi al dibattito sulle sue conseguenze. Un dibattito che vede figure pubbliche (come lo sciagurato George Monbiot) capaci della sfacciataggine di affermare che il bilancio di Chernobyl fu di solo 43 vittime, quando diversi studi di organizzazioni internazionali (vedi il brillante articolo in materia di NewMatilda a riguardo) stimano tra le 10.000 e le 100.000 fatalità dovute all’incidente di Chernobyl.
E quando tutti gli studi fatti in materia si dichiarano impotenti nel fare una stima realistica delle conseguenze indirette del disastro di Chernobyl. Una cosa, come del resto l’estrema variabilità nelle stime dei danni fatte dagli studi ufficiali, che ci rende l’idea di quanto sia davvero un binario morto l’energia nucleare: qualcosa i cui danni non siano nemmeno calcolabili con un margine di errore accettabile può rappresentare il futuro nostro e dei nostri figli, come dichiarato da Silvio Berlusconi?
La realtà è che le conseguenze di Chernobyl riguardarono l’Europa intera e persistono ancora oggi.
Cosa rimane oggi di Chernobyl a distanza di 25 anni, però, lo ricordano meglio di ogni altra cosa queste foto della città fantasma di Prypiat, la città più vicino alla centrale.
Su queste immagini – e non sulla fallace litania di “un’altra Chernobyl non è possibile” – è bene riflettere oggi.