Chernobyl prova a rilanciarsi con le energie rinnovabili
A 26 anni dal disastro di Chernobyl, si studia ancora il modo di rilanciare quell’area ecologicamente compromessa, stimata intorno ai 2.600 km/q; ai quali vanno ovviamente sommati altrettanti in Russia e Bielorussia attorno all’area maggiormente colpita nel disastro nucleare del 1986.

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In questo primo progetto approvato nel corso dell’estate dall’Ucraina, l’obiettivo principale è di dare una seconda vita ai terreni praticamente inutilizzabili; oltre che fornire un segnale concreto dell’impegno politico sull’intera faccenda. Secondo il progetto, Chernobyl sarebbe addirittura candidata a diventare un vero polmone nella produzione di energia elettrica, ma da fonti verdi.
Pannelli fotovoltaici, pale eoliche e impianti di cogenerazione si occuperebbero di smaltire la grande quantità di legno ancora contaminata dall’esplosione della centrale nucleare a distanza di oltre 26 anni. Insomma, un radicale cambiamento positivo.
In particolare, l’obiettivo che l’Ucraina ha intenzione di raggiungere entro il 2015 è quello di avere una produzione da fonti rinnovabili pari al 10% della richiesta del Paese, cifra che raddoppierà entro il 2030. Numeri e grandi aspettative che per ora esistono solamente sulla carta ma che si auspica possano diventare realtà, evitando colpi di mano che potrebbero avvenire all’ultimo minuto, come accaduto per i 35 milioni di euro destinati alla costruzione di un nuovo reparto oncologico nell’ospedale pediatrico Oxkhmatdyt di Kiev; mai arrivati nonostante le promesse, ma sono stati addirittura utilizzati per finanziare parte degli investimenti di Euro 2012.
Oltre allo scetticismo prevalentemente di natura politica, ce n’è uno prettamente tecnico: secondo le stime dell’agenzia Itar-Tass, l’intero processo di bonifica dell’area di Chernobyl avrà una durata superiore ai 100 anni. Uno spazio di tempo a cui si aggiungono tutt’ora le conseguenze delle radiazioni sulle popolazioni residenti nei pressi dei reattori o, in modo ancora più inquietante, sui ‘figli di Chernobyl‘, cioè i bambini nati a ridosso del disastro nucleare. I quali nascono ancora malformati e molti di loro, crescendo, si ritrovano ula tiroide ingrossata, con tutte le disfunzioni ormonali e i problemi di salute che essa comporta.
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La priorità per quella zona dovrebbe essere una e una sola, mettere in sicurezza la centrale, tutti i soldi (che non ci sono) andrebbero investiti in quello, perchè è inutile riconvertire in forma green quando c’è una Chernobyl 2.0 che incombe, tonnellate e tonnellate di materiale contaminato, irradiato e radioattivo in uno stato precario, pronti a collassare e lasciare quello che resta del nocciolo senza protezione, tonnellate di acqua piovana contaminata pronta ad infiltrarsi in falda…
Riguardo lo smaltimento del legname contaminato, bruciandolo, si ottengono fumi contaminati e ceneri contaminate… forse ci sono possibilità che sembrano meno green, ma che permettono di lasciare la contaminazione la dove la natura l’ha fisssata… forse una discarica è la soluzine migliore in questo caso…
una piccola precisazione km quadrati si può scrivere kmq, km/q non è un’unità di misura
Era ora!!! E si spera facciano sul serio, che non sia solo un paravento per altro.
C’è da tenere d’occhio anche Sellafield dove stoccano resti +/- impoveriti che addirittura ora vorrebbero usare per i veicoli spaziali.
Il gruppo dei Kraftwerk ne parlò anni fa già nel loro pezzo “Radioactivity”…ci sono spiegazioni chiarissime!