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Chi è la vera bestia, gli animali o noi uomini che li alleviamo in modo intensivo e senza scrupoli?

Veder pascolare una mucca mentre bruca erba è un’immagine che appartiene ormai a tempi e mondi dimenticati. Se qualche idilliaco scenario di questo tipo può essere sopravvissuto, di certo non si tratta della norma.
Quando si pensa alle attuali realtà di allevamenti di animali, infatti, si deve aver presente un sistema industriale che adotta tecniche improntate a garantire quantità e velocità di produzione all’interno di una vera e propria catena di (s)montaggio.

Lo stile opulento diffuso in Europa e Stati Uniti, ed in attesa di imporsi anche in altre economie emergenti, continua a fagocitare risorse naturali che potrebbero essere utilizzate in modo più equo per sfamare quella parte della popolazione mondiale che ancora muore per denutrizione.

Il modello alimentare di circa 800 milioni di persone, quindi, decreta una profonda sperequazione nei confronti dei restanti abitanti del pianeta.
Ma se i 7 miliardi di anime che compongono la popolazione mondiale adottassero lo stile di consumo alimentare occidentale quali ripercussioni ci sarebbero?

Di fatto la ‘fabbrica di proteine’ estesa a livello globale non rappresenterebbe realisticamente un sistema sostenibile. Basti pensare che per produrre 1 kg di carne di manzo occorrono 15.500 litri di acqua; questa produzione, inolte, comporta l’emissione di 36,4 kg di anidride carbonica, ossia gas serra potenzialmente responsabili del riscaldamento globale.

L’allevamento, inoltre, determina il consumo del 70% di tutte le terre agricole e del 30% di tutta la superficie terrestre.
Questi dati sono stati diffusi a Londra nel 2008 dallo scienziato indiano Rajendra Pachauri, già nobel per la pace e presidente dell’Intergovernmental Panel on Climate Change dell’Onu.

Anche la produzione di latte e uova è affidata ad una logica di tipo industriale finalizzata a massimizzare i profitti spingendo la capacità produttiva di mucche e galline ben oltre i loro limiti fisiologici. Ormoni e antibiotici costituiscono l’arma degli allevatori per rispondere alle esigenze dei loro business a discapito del naturale ciclo di vita.
Nel perverso sistema industriale dell’allevamento intensivo l’animale è una macchina da alimentare con la benzina più efficace per raggiungere i risultati produttivi desiderati.

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Bando alle esigenze etologiche e al rispetto per la sofferenza che ogni essere senziente è in grado di provare: in nome della società dell’opulenza tutto è giustificato e giustificabile per soddisfare i palati ed arricchire le tasche.
Forse siamo ancora in tempo per cambiare e tenere a mente le parole del Grande Capo Seattle della tribù Suwamish: “Ma se vi vendiamo le nostre terre io porrò una condizione: l’uomo bianco dovrà rispettare gli animali che vivono in questa terra come fossero suo fratelli. Perché ciò che accade agli animali prima o poi accade all’uomo”.

Ecco anche un video dal sito Laverabestia.org

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Elle

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