Cibo: i prezzi aumentano per il riscaldamento globale?
Secondo uno studio svolto da alcuni ricercatori, il riscaldamento globale ha influenzato i prezzi del cibo nel mondo, poiché la coltivazione di cereali e frumento ha subìto delle modifiche a causa della disidratazione delle piante stesse, anticipato i tempi dell’impollinazione e rallentato la fotosintesi.

Lester Brown, presidente dell’Earth Policy Institute di Washington, ha affermato che gli accertamenti effettuati consigliano una svolta nel sistema agricolo mondiale, visto il difficile adattamento delle piante al clima instabile degli ultimi decenni, adattando l’agricoltura a un mondo più caldo, affinché l’aumento della popolazione globale sia supportata da una maggiore disponibilità di cibo. “Continuando a coltivare sempre le stesse varietà di semi con le temperature che continuano ad aumentare, i prezzi saranno destinati a salire in continuazione”, afferma Wolfram Schlenker, uno dei ricercatori del team che ha effettuato lo studio sugli effetti del riscaldamento globale sui prezzi del cibo.
Tra l’altro, gli effetti del riscaldamento stanno già abbondantemente influenzando la Terra: gli scienziati, infatti, hanno mostrato che la forte ondata di caldo che uccise migliaia di persone in Europa, nel 2003, fu causata dal riscaldamento globale, così come le inondazioni che causarono danni per 3.5 miliardi di sterline in Inghilterra, tre anni prima.
I prezzi del cibo, quest’anno, sono aumentati in maniera spropositata, causando il malcontento dei paesi del Medio Oriente e dell’Africa e generando emergenze sociali e politiche. Attualmente, infatti, la quantità di cibo è sufficiente ad alimentare la popolazione mondiale. I problemi si manifestano quando cresce la domanda di carne, visto che quest’ultima non è sufficiente per sfamare tutti: per produrre un chilogrammo di carne serve la stessa quantità di grano e quindi i paesi che possono permettersi più grano sono quelli che si assicurano una maggiore quantità di carne, a sfavore dei paesi più poveri, estromessi dal mercato per via delle scarse risorse economiche di cui dispongono.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Science, ha evidenziato come l’aumento delle temperature abbia influenzato – tra il 1980 e il 2008 – la produzione agricola dei paesi tra i maggiori produttori di cereali. I modelli informatici, usati per mostrare quanto grano sarebbe stato raccolto senza il riscaldamento globale, hanno rivelato che le tonnellate di grano non raccolto per via dei cambiamenti climatici ammontano a circa 33 milioni. In particolare, paesi come la Russia e l’Italia hanno registrato una diminuzione della produzione di grano e mais ben oltre la media.
Nello studio non compaiono gli Stati Uniti, il maggior produttore di cereali al mondo. Questo perché sembra che la produzione a stelle e strisce non abbia subìto bruschi rallentamenti, visto che l’aumento delle temperature è stato abbastanza contenuto rispetto ad altre zone del mondo.
Secondo Schlenker “gli agricoltori americani stanno avendo fortuna, nel senso che le loro colture non hanno subito danni per via del clima e i prezzi sono rimasti alti, ricavando maggior profitto. Ma diversi modelli climatici indicano che anche gli USA sono destinati a subire gli effetti del riscaldamento globale.”
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