Salute

Colera: che cos’è la grande malattia del passato che uccide anche oggi

Il colera è una malattia del passato, debellata totalmente? Purtroppo no e i cambiamenti climatici sembrano favorire la diffusione di nuove epidemie.

Quando si parla del colera, si pensa a una delle grandi malattie che hanno caratterizzato la storia negli anni passati. L’epidemia forse più celebre è quella di Broad Street del 1854, che colpì la città di Londra. Famosa perché un medico, John Snow, volle vederci chiaro e capì da che cosa dipendeva. Il suo studio contribuì in modo determinante a fermare il colera e molte altre malattie infettive tipiche dell’uomo.

Colera: che cos’è la grande malattia del passato che uccide anche oggi

Ma il colera non è una malattia oggi risolta, anzi. Nella storia si sono verificate ben sei pandemie, che sono qualcosa in più delle epidemie. Se un’epidemia colpisce tantissime persone, una pandemia colpisce degli stati interi, quindi è molto peggiore.

La settima pandemia, anche se nessuno ne parla mai, la stiamo vivendo oggi, ci fa sapere l’Istituto Superiore di Sanità. Non in Italia, chiaramente, ma nei paesi sottosviluppati dove le condizioni igieniche sono scarse, fattore determinante per lo sviluppo della malattia. E ce n’è anche un altro, che è il clima. I cambiamenti climatici, secondo diversi studi, favoriscono lo sviluppo nel batterio dell’ambiente. Già che su Tuttogreen si parla anche di ambiente, giusto ricordarlo.

Il colera, che cos’è di preciso

Vediamo quindi, prima di ogni altra cosa, che cos’è il Colera. Si tratta di una malattia infettiva unicamente umana, quindi gli animali non c’entrano (se non i frutti di mare, ma per un motivo che vedremo dopo). Siamo gli unici che possiamo infettarci da un simpatico batterio che si chiama Vibrio cholerae, e che ha la forma di un serpentello. Il problema è che si tratta di un batterio infettante, che va nell’intestino dove crea una forma diarroica fortissima. Le feci sono così liquide che vengono definite “ad acqua di riso”, sono chiare perché la bile del fegato non ce la fa a colorarle e la parte solida è quasi inconsistente. Dall’ingerimento del batterio passano solitamente un paio di giorni prima dell’arrivo dei sintomi.

Diciamo, però, che non tutti muoiono di colera, anzi. La maggior parte delle persone, nonostante possa ingerire il batterio vivo (dalle cozze crude, di solito), ha magari solo un po’ di mal di pancia che si risolve da solo. Questo perché per sviluppare la forma più grave c’è bisogno di un sistema immunitario debilitato. Per questa ragione,la povertà e la fame sono i migliori amici del colera. E sono anche il motivo per cui le pandemie si verificano soprattutto in continenti come quello africano oppure in Asia.

Come si diffonde il colera?

Abbiamo detto che il batterio si diffonde da uomo a uomo. In realtà, la trasmissione diretta è rarissima, perché bisognerebbe che un uomo mangiasse le feci di un altro uomo. E questo è raro. Per altro, il Vibrio resiste anche poco all’aria, per cui non c’è nemmeno il pericolo dei vegetali contaminati.

Diverso è il discorso delle zone dove si pesca, specialmente in acqua dolce, ma non solo. Se, infatti, l’acqua viene immessa nei fiumi senza essere depurata, il colera che alcuni possono avere (anche in modo asintomatico) finisce diretto nel fiume. Fiume in cui vivono i pesci, e alle foci dei fiumi di solito stanno i frutti di mare, in gergo molluschi bivalvi. Questi molluschi, come le cozze, sono filtratori, e assorbono acqua&cacca per trarne le sostanze nutritive.

FOCUS: Perché mangiare le cozze crude è pericoloso?

I batteri non li infettano, ma rimangono nel loro corpo. Per questo, quando qualcuno li mangia crudi, il batterio (che in acqua resiste molto bene) è vivo e vegeto e, cosa ancor peggiore, infettante.

colera
Colera, epidemia del passato? Magari fosse così…

Le persone prendono così il batterio essenzialmente dai prodotti della pesca. Specialmente se non sono ben cotti, tipo le ostriche crude. Nel caso dei pesci è più raro, perché di solito si posa sulla pelle, che difficilmente si mangia cruda. Ovviamente lo si può contrarre bevendo dell’acqua. Anche l’epidemia di colera di Londra, che abbiamo visto prima è un’epidemia causata dal fatto che vennero gettate le feci nel Tamigi da cui si estraeva l’acqua per le fontanelle. In tal modo, si infettò tutta la città.

La morte per colera avviene essenzialmente per disidratazione. Reimmettere i liquidi nell’organismo prima che sia troppo tardi risolve il problema, per cui è sufficiente essere veloci e avere un ospedale a disposizione per evitare il peggio.

Colera: a cosa fare attenzione

Tra le cose a cui fare attenzione per non prendere il colera, sicuramente la distribuzione dell’acqua. Se non c’è un sistema di acquedotti efficiente (e lo sappiamo dalle informazioni che abbiamo prima di fare un viaggio) assolutamente niente acqua di fonte. Nemmeno se dovesse essere potabile. Il rischio che abbia il vibrione è troppo alto, in ogni occasione. Naturalmente, non va usata nemmeno per lavarsi le mani, perché il batterio lo troviamo sulle mani e se ci portiamo le dita alla bocca, beh…

Sempre fare attenzione, e questo anche in Italia, ai frutti di mare crudi. Se sono stati congelati di solito il batterio muore, ma non è detto, mentre se sono proprio crudi meglio evitarli assolutamente, anche per il problema della Salmonella che qui da noi è più diffuso.

La definizione di “crudi” comprende anche i frutti poco cotti, per cui mangiamoli in una zuppetta o comunque in una preparazione che abbia bisogno di un alto tempo di cottura. Perderanno un po’ di sapore. Ma saremo sicuri di difenderci nel modo migliore possibile da una piaga pericolosa come il colera. E’ una malattia con cui non si scherza.

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Valerio Guiggi

Classe 1988. Laureato in Veterinaria e abilitato alla professione, si è sempre interessato alla branca della veterinaria che si occupa di Sicurezza Alimentare e Ispezione degli Alimenti, discipline per le quali a fine 2016 diventa specialista. Nella vita si occupa di consulenza sanitaria e normativa ad aziende che producono alimenti. Da sempre appassionato di scrittura, diventa articolista parlando di tematiche tecnologiche nel 2011 per unire la sua passione alla sua professione dopo la laurea. Scrive su Tuttogreen da giugno 2015, occupandosi di tematiche inerenti la sicurezza e la qualità alimentare.

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