Cosa si è deciso davvero nella COP17 di Durban: analisi di una delusione
Non mancavano certo le aspettative all’indomani della COP17 di Durban, in Sud Africa, la Conferenza sul cambiamento climatico promossa dalle Nazioni Unite, che avrebbe riunito allo stesso tavolo rappresentanti dei governi del mondo, organizzazioni internazionali e diverse personalità influenti. L’incontro mirava all’attuazione internazionale del Protocollo di Kyoto, del Piano d’azione di Bali e degli Accordi di Cancun.

L’incontro di Durban si è aperto ponendo l’accento sulla situazione economica difficile comune a tanti Paesi e si è soffermato sui dati raccolti dall’Organizzazione metereologica mondiale, i quali hanno confermato che le emissioni di anidride carbonica hanno raggiunto il livello più alto nella storia e stanno ancora crescendo. Gli esperti hanno drammaticamente affermato che il nostro pianeta è vicino ad un punto di non ritorno e gli Stati a questo punto debbono realmente chiedersi se desiderano costruire un futuro sostenibile.
I dati proposti hanno evidenziato che in dieci anni 710 mila persone sono decedute durante una delle quattordicimila catastrofi naturali abbattutesi sul mondo, sebbene chiaramente non siano tutte direttamente imputabili ai cambiamenti climatici. Si è messa in luce la necessità di affrontare i problemi dei cambiamenti del clima tramite una vera ed efficace implementazione della Convenzione per arrivare ad una concreta riduzione dei gas serra e mantenere una soglia limite del riscaldamento globale del pianeta.
L’incontro ha sottolineato la necessità di unire gli sforzi per stilare delle regole base unificate riprendendo i punti del Protocollo di Kyoto.
Purtroppo non si può dire che i vari Paesi e istituzioni chiamate a decidere abbiano dato prova di avere quella consapevolezza e quella determinazione per mettere in atto misure incisive sulle emissioni ed il clima, che possano salvaguardare il futuro dell’umanità.
Se guardiamo agli esiti della conferenza di Durban, il risultato è assai deludente:
Ricapitoliamo gli esiti della COP17 di Durban:
1) E’ stato convenuto che, entro il 2015, un gruppo di lavoro speciale stilerà un accordo che coinvolgerà tutti i Paesi, trovando la forma giuridica applicabile da tutti i Paesi firmatari: tale accordo, da definirsi entro il 2015 come anticipato, sarà operativo prima del 2020, tempi che stridono enormemente con la necessità di invertire prontamente la dinamica delle emissioni. Nel frattempo, si prolungherà la vita del Protocollo di Kyoto fino al 2017. Quanto sarà utile questa nuova fase del protocollo di Kyoto, però, è assai dubbio: non solo i nuovi impegni di riduzione dovranno essere definiti entro il 1° maggio 2012, ma tre importanti Paesi che avrebbero dovuto contribuire al taglio della CO2, Russia, Giappone e Canada, si sono tirati fuori dal protocollo. Quindi ci troviamo in mano una scatola vuota (l’accordo ad accordarsi entro una certa data….) e un protocollo di Kyoto ulteriormente indebolito, dato che non vede l’adesione dei “cattivi storici”, gli Stati Uniti, responsabili di più di un terzo delle adesioni mondiali e vede una ratifica senza impegno di taglio di emissioni da parte dei nuovi giganti economici Cina e India. Dunque un nuovo Protocollo di Kyoto, la cui adesione è per ora confermata solo da Unione Europea, Svizzera, Norvegia, Australia e Nuova Zelanda è l’unico risultato tangibile. Povero, anzi, poverissimo.
2) Uno degli intenti dell’incontro era dimostrare al mondo che i Paesi erano pronti per intervenire in modo pratico per l’interesse dell’umanità. La Conferenza ha così stabilito la creazione di un Fondo verde per il clima (Green Climate Fund): questo fondo verde per i paesi in via di sviluppo partirà dal 2012, ma non è chiaro dove si troveranno i soldi ed è anzi possibile che nei fatti venga sabotato.
Questa è la sostanza, molto povera, come dicevamo che ha prodotto Durban.
Forse non tutto è da buttare e l’”accordo di un accordo” era l’unica maniera realistica per cercare di mettere in prospettiva al tavolo delle negoziazioni i grandi inquinatori e responsabili delle emissioni come gli Stati Uniti, ma il dato che emerge con chiarezza è la scarsa visione globale e invece l’assoluto predominio di interessi particolaristici che alla fine l’ha fatta da padrone a Durban. Non un esito promettente per l’umanità, dal nostro punto di vista.
Approfondisci:
Gli atti della conferenza Cop17 di Durban
Protocollo di Kyoto: cosa sancisce ed è davvero mai stato rispettato?
Gli accordi del vertice di Cancun