Spesa biologica

Cosa sono le agromafie

Agromafia, si tratta di attività illecite della criminalità organizzata che coinvolgono tutto il comparto agricolo e la filiera alimentare, dove la criminalità investe denaro sporco per controllare settori ‘puliti’ quali la ristorazione, la grande distribuzione e persino il turismo agricolo, accanto alle ingerenze illegali in settori già consolidati come il ciclo dei rifiuti, le coltivazioni e la distribuzione dei prodotti ortofrutticoli.

Cosa sono le agromafie

Non a caso la chiamano piovra, e i suoi tentacoli arrivano ovunque, non risparmiando neppure le risorse della terra, per questo è nato il temine agromafia; a testimonianza di un fenomeno sempre più articolato e complesso attribuito alla criminalità organizzata. Legambiente la definisce come una serie di attività illegali che la criminalità organizzata concentra sul mondo dell’agricoltura. E si realizza attraverso investimenti e riciclaggio di denaro ‘sporco’ nelle coltivazioni, ma anche con truffe per stornare fondi pubblici destinati allo sviluppo agricolo. L’agromafia arriva su tutta la filiera: dal campo, al trasporto, alla vendita nei mercati ortofrutticoli.

Infatti, in tempi di crisi come quelli attuali, l’agroalimentare è divenuto un ‘terreno’ privilegiato d’investimento della malavita. Le mafie poi non si accontentano più del controllo del territorio e dei business illegali tradizionali (droga, prostituzione, truffe), ma cercano di dare sbocco ai capitali accumulati in modo illegale anche nel settore agricolo e alimentare.

Questa parte di attività è in netto aumento anche per la presenza di fattori quali il clima e la restrizione dell’accesso al credito. Le difficili condizioni meteorologiche hanno colpito pesantemente la produzione, incrementando la falsificazione e lo sfruttamento illegale dei marchi, mentre la contrazione del credito ha causato la chiusura di molte aziende e portato imprenditori a ricorrere al sostegno illegale di operatori non istituzionali.

Opportunità in più per le organizzazioni malavitose, ormai strutturate in invasivi gruppi d’interesse ramificati anche sul piano transnazionale, che con le loro attività illegali minano la nostra salute e quella dell’ambiente in cui viviamo.

Mentre il Paese arretra a causa della crisi economica, le mafie si estendono e ampliano gli orizzonti nel comparto agroalimentare, trovando nuovi sbocchi negli investimenti nei settori della ristorazione, grande distribuzione e turismo agricolo, così come nei circuiti illegali dell’import-export di prodotti agroalimentari sottratti alle indicazioni sull’origine e tracciabilità, fino ad arrivare alle varie forme di business connesse allo sfruttamento degli animali (zoo mafia) e all’ingerenza nel ciclo dei rifiuti. Perfino le energie pulite sono finite nel mirino di Cosa Nostra, interessata ai rilevanti incentivi economici previsti per il settore.

Un pericolo che riguarda tutto il territorio nazionale, poiché attraverso le infiltrazioni e un fitto intreccio di interessi le agromafie si sono insinuate anche nel tessuto economico del centro-nord del Paese, replicando quel modello economico-criminale già delineato in diversi riscontri investigativi.

Eurispes, Coldiretti e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura hanno appena pubblicato il terzo rapporto Agromafie, in cui delineano un fenomeno in forte espansione, analizzato nelle sue evoluzioni più recenti e pericolose, dai numeri più eloquenti delle parole: gli affari dell’agromafia sono cresciuti del 10% nel 2014, attestandosi a una cifra di ben 15,4 miliardi di euro! Cosa Nostra, ‘Ndragheta e Mafia non conoscono crisi e contaminano pesantemente il settore agroalimentare, infiltrandosi nei vari processi in modo sempre più sottile e raffinato, tramite la finanza, gli intrecci societari, la conquista di marchi prestigiosi e il condizionamento del mercato.

“Vengono rilevati, attraverso prestanomi e intermediari compiacenti, imprese, alberghi, pubblici esercizi, attività commerciali soprattutto nel settore della distribuzione della filiera agroalimentare, creando, di fatto, un circuito vizioso: produco, trasporto, distribuisco, vendo”, si legge nel rapporto.

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Lo studio segnala anche un nuovo e preoccupante fenomeno speculare al riciclaggio e originato dalla crisi, il money-dirting, dove sono i capitali puliti – ben 1,5 miliardi di euro nel 2014 – a dirigersi verso l’economia sporca.

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Ecco la locandina del 3° Rapporto Eurispes – Coldiretti sulle Agromafie

Acquisire denaro da reinvestire in attività più o meno lecite comporta notevoli vantaggi “relazionali” per la mafia, sempre più interessata a impiegare questi fondi nell’agroalimentare, un settore che ha saputo fronteggiare la crisi ed è riuscito pure a crescere in un quadro congiunturale negativo.

Il rapporto getta luce sulla triste realtà dell’agromafia: almeno 5.000 ristoranti italiani sono finiti nelle mani della criminalità organizzata, che possiede addirittura franchising diffusi anche all’estero. Attività “pulite” si affiancano così a quelle “sporche”, in un rapporto di convenienza reciproca che spiazza la concorrenza legale e testimonia un preoccupante mutamento del clima culturale.

Grazie ad una collaudata politica della mimetizzazione, le organizzazioni criminali si muovono come articolate holding finanziarie, all’interno delle quali gli esercizi ristorativi rappresentano efficienti coperture, con una facciata di legalità dietro la quale è difficile risalire ai veri proprietari e all’origine dei capitali.

Lo stesso Expo di Milano, incentrato sul tema della nutrizione, potrebbe trasformarsi in un vero boomerang per il made in Italy, col rischio di invasione di migliaia di tonnellate di prodotti che, attraverso complessi processi di alterazione, sofisticazione e contraffazione, potrebbero essere falsamente commercializzati come tipicità o eccellenze italiane, per un valore stimato in 60 miliardi di euro. Lo confermano le decine di inchieste giudiziarie già avviate, che vedono protagonisti i limoni sudamericani spacciati per sorrentini, o il grano canadese utilizzato per produrre il tipico pane di Altamura.

I pericoli arrivano anche dalla rete, in concomitanza alla crescita del commercio elettronico. Il web viene infatti spesso usato come porto franco, configurandosi come uno dei canali ideali per la diffusione di prodotti che sembrano italiani nel nome che in realtà sono vere e proprie bufale.Tale pratica, battezzata ‘italian sounding’ si prefigura ad esempio nella vendita online di kit per il vino liofilizzato fai da te con false etichette dei migliori vini italiani, o di formaggi che si fregiano della denominazione “italian cheese”, con costose attrezzature e ingredienti per preparare diversi formaggi tipici nostrani, in un tempo massimo di due mesi!

Le irregolarità su Internet, inoltre, riguardano anche le scadenze, le informazioni sui prodotti o l’etichettatura.

Rischiano di scoppiare sul mercato del made in Italy perfino le difficoltà produttive registrate quest’anno dalle nostre principali tipicità (olio, miele, agrumi ecc.), come dimostrano le frequenti illegalità che spaziano dai saccheggi di olive nei campi, alle forme di accaparramento e commercio clandestino dell’extravergine. Nel circuito di distribuzione alimentare potrebbero entrare prodotti fortemente adulterati, manipolati attraverso l’aggiunta di additivi o imbottigliati in maniera fraudolenta.

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Cosa sono le agromafie: prootti che sembrano italiani ma sono truffe

Se vogliamo salvare il made in Italy, la politica deve agire urgentemente con adeguati mezzi di prevenzione e repressione.

In occasione della presentazione del rapporto, il ministro delle Politiche Agricole ha annunciato un grande forum con gli enti di controllo europei e internazionali allo scopo di migliorare il coordinamento delle agenzie che lavorano per combattere l’italian sounding, mentre il ministro della Giustizia ha ribadito la volontà di costituire un gruppo di lavoro per la revisione della normativa sugli illeciti agroalimentari.

Ci auguriamo che tali promesse vengano mantenute, ricordando che «la lotta alla mafia deve essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità». Parole di Paolo Borsellino.

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