Conoscete la cottura nei grassi? Ecco cosa bisogna sapere per preservare le caratteristiche dell’alimento e ridurre l’apporto calorico di questa modalità di cottura.
Si tratta di una modalità di cottura basata sull’utilizzo di una quantità di grassi di origine vegetale o, in alcuni casi, di origine animale. Sostanzialmente si utilizzano olio o burro per friggere o rosolare l’alimento.
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La cottura nei grassi avviene mediante concentrazione, ovvero parte dell’acqua presente nel cibo stesso viene fatta evaporare e tutte le sostanze nutritive vanno a concentrarsi sull’alimento.
Proprio questo processo rende il cibo particolarmente gustoso rispetto ad altre metodologie di cottura. La trasmissione del calore avviene invece per convezione, cioè dalla padella al cibo.
Come per la cottura in forno, e quella al vapore, è fondamentale evitare che si raggiungano temperature troppo elevate. In questo caso perché che favoriscono quell’effetto bruciacchiato, tanto buono quanto pericoloso.
I grassi dovrebbero restare a temperature comprese tra 120 e 220°. Questo garantisce l’esaltazione dei sapori, grazie alla formazione della crosticina che rende gli alimenti appetitosi.
Se si supera questa temperatura si raggiunge il cosiddetto punto di fumo, cioè si innesca un processo di ossidazione a contatto dei grassi con l’aria e si produce fumo.
Al contempo si formano delle sostanze che vanno a decomporsi e liberano l’acroleina, una sostanza irritante. Gli alimenti inoltre si contaminano per via della presenza di acidi grassi liberi, nemici della nostra salute.
Si distinguono per chiarezza due differenze tipologie di cottura: la cottura saltata e la frittura. Andiamo a capirne qualcosa di più.
La cottura al salto avviene quando la quantità di grassi ricopre solo una parte del fondo della padella, del tipo antiaderente. Tutti abbiamo visto gli chef saltare gli alimenti in padella, con un colpo di polso. Da qui il nome stesso della cottura.
Generalmente si utilizza per cucinare verdure, carne o pesce. L’importante è che gli alimenti siano poco consistenti e sminuzzati, essendo una cottura di breve durata (non più di qualche minuto). Questa tipologia di cottura viene difatti suggerita come apertura a successive lavorazioni in cucina.
Purtroppo la quantità di grassi utilizzata apporta un notevole aumento calorico, quindi non è molto consigliata a chi sta seguendo una dieta ipocalorica.
Nel caso della frittura l’alimento viene completamente immerso e ricoperto dal grasso, nello specifico l’olio. Prima è però necessario che l’olio abbia raggiunto la sua temperatura ideale, tra 160 e 180°.
In questo modo si forma la crosticina che consente di trattenere nell’alimento tutti i principi nutritivi, senza farli disperdere. Inoltre si evita che l‘olio penetri all’interno, aumentando le calorie e rendendo quindi il cibo poco digeribile.
Per una buona frittura sono consigliati grassi che abbiano un punto di fumo molto alto. Si può ricorrere all’olio d’oliva o all’olio d’arachidi, il migliore tra gli oli di semi. Entrambi sono ricchi di acidi grassi monoinsaturi che presentano buone caratteristiche termoresistenti.
Ci sono alcune accortezze da seguire per evitare che la cottura nei grassi si trasformi in un pericolo per la nostra salute.
Come anticipato, la cottura nei grassi non è di certo indicata tra le metodologie più salutari. Seguendo i nostri consigli si potranno diminuire gli effetti, ma si tratta comunque di una modalità di cottura che va limitata il più possibile.
Chi soffre di ipertensione dovrebbe evitarlo, mentre chi non ha particolari problemi di salute nè sta seguendo una dieta ipocalorica, può mangiare cibo fritto con moderazione fino a 2-3 volte a settimana.
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