Dal terremoto all’eco-design: un modo per ricominciare dopo il dramma
Risollevarsi da un tragico evento, come quello vissuto dalla città dell’Aquila durante il terremoto del 2009, è impresa assai ardua. Ma anche gli eventi più tragici possono diventare utili per creare qualcosa di positivo per i cittadini e per l’ambiente. Lo sa bene Alessandro Saviola, mantovano di 38 anni, che seguendo le orme del padre gestisce un’attività di recupero del legno su tutto il territorio nazionale. Grazie a lui, anche il legno recuperato tra le rovine del capoluogo abruzzese continua a vivere trasformato in lettini, armadietti, scrivanie e tavoli che oltre ad essere utili sono anche ecologici e belli.

Piccoli capolavori di eco-design nati da quella che sembra essere una vera e propria missione, ‘salvare gli alberi’, lo stesso slogan che compare sui tir di Saviola che ogni giorno battono l’Italia intera e le discariche per cercare materiale di scarto utile alla produzione di nuovi oggetti.
Il legno recuperato viene trasformato in pannelli ecologici, utilizzati per la produzione di mobili 100% made in Italy e immessi successivamente nei mercati di tutto il mondo. Ogni anno, l’azienda mantovana recupera un milione e mezzo di tonnellate di legno, risparmiando l’abbattimento di migliaia di alberi e riducendo notevolmente i costi di produzione. Recuperato, ripulito, separato da altri materiali e trasformato in pannelli, il legno viene acquistato direttamente dalle aziende di mobili che ne prolungano notevolmente il ciclo di vita. E non è tutto. Dalla separazione degli elementi estranei (pastica, vetro, ferro), si ricavano mediamente ben 20.000 tonnellate di materiale ferroso all’anno.
Un circolo virtuoso da imitare ma che paradossalmente, negli ultimi anni, è stato messo in crisi dalla tendenza ad utilizzare il legno prodotto come combustibile per produrre energia elettrica, nonostante le direttive europee impongano la priorità del riutilizzo del legno rispetto alla combustione, pur finalizzata alla produzione di energia. Bruciare il legno, infatti, vuol dire quasi sempre doverne abbattere un altro.
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