L’elasmofobia, ossia il terrore di essere divorati vivi da animali e tipicamente da squali, fa parte della psiche delle persone da diverso tempo. Anche per le leggende che ruotano intorno all’animale da sempre dipinto come feroce divoratore di uomini, spietato pesce assetato di sangue protagonista di svariate pellicole cinematografiche ad esso dedicate, la paura per gli squali è una delle fobie più diffuse, che non tengono conto del ruolo giocato da questo animale negli ecosistemi marini.
Da due anni di analisi ed indagini dedicate agli squali e a tutte quelle persone impegnate nella caccia, nello studio e nell’allevamento di questi animali nasce un reportage che illustra il difficile rapporto di amore ed odio tra uomo e squalo. “Demon Fish”, il libro denuncia della giornalista del Washington Post Juliet Eilperin, nasce proprio dall’esperienza personale della scrittrice che, dopo aver osservato il comportamento, l’habitat, le interazioni con gli altri animali e con gli uomini che li allevano è giunta ad affermare che, contrariamente alle etichettature comuni, gli squali sono “una specie tranquilla per natura” sottolineando come “noi a questo pesce quasi non interessiamo (solo il 6% delle specie è pericoloso)”.
Il libro indaga anche sulle pratiche di caccia agli squali come il crudele “shark finning” un tipo di caccia che spopola in Paesi come Cina, Giappone, Canada e Stati Uniti e che ogni anno uccide oltre 73 milioni di esemplari, privati della pinna e rigettati in mare agonizzanti. In due secoli il 97% degli squali oceanici è scomparso creando un danno evidente soprattutto per il ruolo fondamentale che gli squali giocano nel mantenimento degli equilibri dell’ecosistema marino e per la loro funzione di marcatori dello stato di salute degli oceani. E’ evidente come la scomparsa degli squali comporti un’inevitabile rottura dei delicati equilibri del mondo sommerso, con conseguenze difficilmente pronosticabili sull’intero sistema.
Il libro della Eilperin descrive anche lo “shark tourism” ossia l’utilizzo degli squali per attirare turisti. In Sud Africa è stato calcolato come uno squalo vivo frutti circa 2500 dollari al giorno, quindi la filosofia del paese si è orientata più verso la protezione che verso l’uccisione dell’animale (la giornalista ha osservato gli squali bianchi in Sud Africa, immergendosi con loro in una gabbia di metallo). Lasciandosi coinvolgere dalle pagine del libro si affronta un affascinante viaggio tra la vita di queste creature e quella degli uomini che li circondano e soprattutto si medita sull’infondata paura per questi incantevoli animali che, contrariamente a quanto si pensa, occupano posizioni rilevanti anche a livello sociale, economico e, anche se in misura di gran lunga inferiore, religioso.
Diffondiamo il nostro messaggio “eco” favorendo ad esempio la costruzione di aree protette e paradisi ambientali dove poter osservare gli squali senza temere di sentirsi i protagonisti dello “Squalo” di Steven Spielberg.
Il libro della Eilperin arriverà presto anche in edizione italiana: per ora c’è quella in inglese (lo si trova per esempio su Amazon):
Ecco anche un interessante video, sempre in inglese, una video-intervista alla Eilperin:
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