E luce fu… ma dal batterio!
Cos’è l’illuminazione biologica? Tanti batteri, milioni di batteri, collocati in appositi contenitori, messi in condizione di collaborare per fornire un risultato apprezzabile. Si potranno fare lampade, schermi e insegne al neon biologiche. Il risultato sensazionale ma ancora allo stadio sperimentale è stato ottenuto da un gruppo di ricerca della University of San Diego, in California.

Ma come funziona in concreto? Seguendo il principio degli schermi video, costruiti con qualche milione di pixel organizzati in matrici che vengono controllate da un computer in grado di guidarli. E infatti un approccio simile è stato adottato per le luci batteriche: i microrganismi vengono posti in specifici spazi che delimitano la forma dei singoli punti di emissione luminosa, per questo denominati “biopixel“, e sono controllati tramite tubicini nei quali fluisce un liquido in grado di attivare specifiche reazioni chimiche. Queste spingono i batteri a comportarsi nello stesso modo nello stesso momento.
Prima di procedere, però, occorre pre-trattare i batteri, abbinandoli ad una proteina fluorescente, così da “sincronizzarli” per aumentare o diminuire il loro grado di luminosità. I tempi di risposta non sono immediati ma vista la capacità dei batteri di reagire nel tempo a determinate concentrazioni di una sostanza, uno schermo biologico potrebbe essere utile per tenere sotto controllo la presenza di un agente chimico in un ambiente. Applicazione tradotta in pratica dal team californiano, con la realizzazione di un rivelatore di arsenico: i batteri registrano la sostanza e avvisano tramite feedback ottico della presenza del veleno, pulsando con maggiore o minore frequenza a seconda della concentrazione dell’arsenico stesso.
Siamo ancora lontani dalla diffusione su larga scala, con adeguati piani industriali. Ci piace però pensare che in un futuro, i batteri fluorescenti potranno trasformarsi anche in un elemento di decoro per piazze, monumenti e perché no? anche per le nostre case.
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