Dopo il disastro della centrale nucleare di Fukushima avvenuto circa tre anni fa, il Giappone ha dovuto giocoforza rivalutare completamente la sua politica energetica. A seguito dell’incidente, infatti, decine di centrali nucleari in tutta la nazione sono ormai spente, ed intanto continua il braccio di ferro tra istituzioni e cittadini, i quali non riescono più a convincersi che una centrale nucleare possa realmente considerarsi sicura.
Per aver un quadro più completo della situazione, si pensi anche che il Giappone, avendo puntato totalmente sul nucleare, si trova in questo momento a dover dipendere totalmente, dal punto di vista energetico, dai combustibili fossili, la cui importazione è a dir poco costosa, per un paese povero di questi prodotti.
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Per queste motivazioni si è scelto tempo fa di installare delle turbine eoliche off-shore sulla terra contaminata di Fukushima, in modo da trasformare una terra colma di radiazioni in un hub per l’energia pulita.
Ma il governo giapponese ha in mente anche altre iniziative nel campo delle energie rinnovabili, che questa volta però volgono lo sguardo verso il mare; c’è infatti l’idea di costruire il più grande impianto offshore di energia solare del mondo nella baia di Kagoshima. Anzi, sono già iniziati i lavori di bonifica dei terreni. Si dovrebbe produrre energia per 22.000 abitazioni.
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Anche altri paesi asiatici hanno però in mente di investire sulle rinnovabili; a Singapore per esempio, la società di consulenza energetica norvegese DNV, ha recentemente presentato un abbozzo di progetto di “isola solare“, costituita da 4.200 pannelli solari poggiati su una base esagonale che galleggia sulla superficie dell’oceano.
C’è ancora da capire però, quale sarà l’impatto che queste opere potrebbero avere sulla fauna marina e sull’inquinamento delle acque.
Ma intanto la corsa alle fonti rinnovabili continua anche nei Paesi orientali.
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