Energie rinnovabili negli interventi di bonifica dei siti contaminati: la green economy applicata alla bonifiche
La sfida in questione è: bonificare i siti inquinati – quelli che mettono a serio rischio anche la salute dei cittadini– e, contemporaneamente, produrre energia. Ridurre i consumi di risorse naturali, aumentare l’efficienza energetica e l’utilizzo delle fonti rinnovabili: sono questi gli obiettivi della green economy applicata alle bonifiche.

Molte aziende che effettuano bonifiche nel settore dell’amianto, hanno affiancato alla loro tradizionale attività anche quella di posatura di impianti rinnovabili. E la sostituzione del malsano, dell’inquinato e del contaminato con l’energia pulita è un segno di rinascita anche economica per molte aziende che, colpite dalla crisi, non sapevano più come re- inventarsi.
Il percorso burocratico- amministrativo è complesso: spetta alle regioni, infatti, definire quali sono i siti ‘contaminati’ e varare la stesura di un piano regionale di bonifica. Anche tutti gli adempimenti burocratici e la gara pubblica per l’assegnazione dei lavori sono decisi a livello decentrato. Infine, quelli che sono, poi, i concreti passaggi decisionali relativi alle modalità di bonifica sono definiti in maniera partecipata: è la Confederazione dei Servizi (a cui partecipano regione, comune, provincia ma anche associazioni ambientaliste, cittadini) a seguire l’intera istruttoria amministrativa.
Ma quanti sono i siti contaminati in Italia? Secondo i dati ISPRA (Istituto Superiore Protezione e Ricerca Ambientale) in Italia i siti potenzialmente contaminati sono circa 15.000. Fra questi, 3.400 sono stati dichiarati già contaminati. A tale numero vanno aggiunti gli oltre 1.500 siti minerari abbandonati censiti e gli oltre 330.000 ettari di aree a mare. Di fronte a questi numeri, le domande sono: quanto pericolo per la salute dell’uomo ma anche per la perdita della biodiversità e per il deterioramento ambientale? Il metodo scientifico è quello dell’analisi di rischio, ovvero lo studio dei livelli di rischio ambientale e delle concentrazioni di sostanze inquinanti.
Si parte da qui, per passare alla lunga fase istruttoria, per poi arrivare alla bonifica.
E qui, le ‘vivaci’ aziende che si stanno muovendo in questo campo, hanno deciso di puntare al pulito.
In realtà, siamo in un campo ancora in un campo di definizione. L’anagrafe dei siti contaminati è ancora lontana dall’essere completata e sono ancora in corso molti studi sui livelli di rischio di metalli e arsenico. Qualcosa da cui partire, però, c’è, ed è un dato allarmante. L’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità Ambiente e Salute dello scorso aprile parla chiaro, nei 57 siti contaminati di interesse nazionale si muore di più: 400.000 decessi relativi a una popolazione complessiva di circa 5.500.000 abitanti. Molte le variabili, ma un comune denominatore: l’esigenza di un risanamento delle ex aree industriali, magari potendo sostituire il ‘vecchio’ con il ‘nuovo’.
E l’energia pulita, c’è da scommetterci, lo rappresenta.