La farina di farro è una tra le farine più costose e particolari che possiamo trovare in commercio. Ma quali sono le sue reali proprietà e caratteristiche? Scopriamolo insieme in questa guida.
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Tra i prodotti alimentari riscoperti in questi ultimi anni troviamo il farro e naturalmente la farina di farro. Si tratta di un cereale, in passato (nel passato recente) poco conosciuto ma molto utilizzato in antichità: non solo veniva infatti molto utilizzato dai romani, ma se ne parla come della prima specie di grano coltivata, perché sembra che effettivamente sia stata proprio la prima, in Turchia, dove sembra che questo cereale sia stato ‘domesticato’ per la prima volta.
Da allora, il farro venne utilizzato per la coltivazione solo per essere superato da un suo parente molto stretto, il grano, o frumento, che si è diffuso molto di più per una caratteristica particolare: la resa maggiore. Infatti il farro risulta, ad oggi, uno dei cereali con la minor resa in assoluto, per le poche cariossidi (i pochi chicchi) che ogni spiga produce, e questo non rende economicamente vantaggioso coltivarlo.
E non solo: il farro ha anche una particolare caratteristica per cui gli involucri esterni non si separano facilmente dal chicco, e questo significa che ha bisogno, per essere utilizzato o sottoposto a macinatura per la produzione di farina, di essere sottoposto ad altri processi industriali, facendone aumentare ancora il prezzo. Fattore che, ovviamente, non ne aiuta la diffusione.
A causa di queste caratteristiche, il farro è quindi uno dei cereali meno coltivati, anche se ha subito una spinta in questi anni a causa della moda dei “grani antichi”.
In Italia viene coltivato principalmente in Garfagnana, una zona montuosa dell’alta Toscana in cui a questo prodotto è stato riconosciuto un IGP, un’Indicazione Geografica Protetta.
Il farro è a tutti gli effetti una specie di grano, perché appartiene allo stesso genere del grano, che è Triticum. Le caratteristiche botaniche, quindi, sono molto più simili tra il farro e il grano che non, ad esempio, tra il farro e l’orzo, e questo ci fa capire come i due alimenti non siano poi così diversi tra loro.
Di farro ne esistono tre tipologie, che sono la variante piccola, la media e la grande. Di fatto sono tre specie diverse, che appartengono ai generi Triticum monococcum, Triticum dicoccum e Triticum spelta, rispettivamente.
La più coltivata tra le tre è ovviamente l’ultima, prima di tutto per una questione di dimensioni (il raccolto è maggiore a parità di semi messi per terra), inoltre tende ad avere più cariossidi per spiga, risultando così più produttivo rispetto alle altre due specie. Anche la varietà media è comunque possibile trovarla, specialmente quando i chicchi rimangono interi (non è per la farina, insomma), mentre la specie piccola è più difficile da trovare.
C’è da dire che il farro, anche quello a chicchi, lo si paga caro, molto caro, anche se non sembra: il costo dei cereali in chicchi, magari un chilo, è a cose normali nell’ordine dei 15 centesimi. Noi lo paghiamo 3 euro, e anche se sembra poco in realtà è venti volte superiore al prezzo, ad esempio, del frumento.
Veniamo quindi così a quello che interessa maggiormente il consumatore: la farina di farro.
Come ogni altra farina, la farina di farro è un prodotto macinato, sono le cariossidi dei chicchi macinate. Ma, a differenza del grano o del mais, il farro non si macina così, dal nulla: infatti il farro deve subire due processi prima di essere macinato.
Il primo è la pelatura, che consiste nel togliere gli involucri esterni da ogni singolo chicco, pena l’impossibilità di consumare il farro sia in chicchi, sia in farina perché rimarrebbe troppa fibra.
Con il farro pelato, poi, si può fare direttamente la farina (che conserverà comunque una buona quantità di fibra perché alcune parti di involucro esterno rimangono attaccate; il farro pelato è quello marrone, che si trova anche in commercio).
Alternativa è quella di passare alla seconda fase, la fase di perlatura: proprio come accade con il riso, in questa fase viene rimosso accuratamente tutto l’involucro esterno, e il chicco diventa somigliante ad un chicco di grano, visivamente: ecco che abbiamo così il farro perlato, la cui farina non è diversa da quella di grano.
Per cercare le caratteristiche e il sapore particolare del farro bisogna prendere quello detto anche integrale, quello pelato ma non perlato, altrimenti si perde ciò che rende caratteristico questo seme.
Per quanto riguarda le proprietà nutrizionali, le differenze con il grano (abbiamo scelto di confrontarlo con il frumento tenero, quello per il pane) sono veramente minime:
A conclusione di questa analisi, possiamo dire che le differenze tra la farina di farro e quella più comune di frumento sono davvero poche. Qualità, proprietà nutrizionali, presenza di glutine e attitudine tecnologica (pane e pasta) le rendono molto simili, e possiamo trovare solamente delle differenze in termini di sapore, per il farro non perlato (come succede anche per il frumento integrale, del resto) e in termini di prezzo, con il farro molto più costoso rispetto al frumento.
Per questo motivo, la farina di farro è valutabile in cucina, per il consumo, non tanto per le sue proprietà benefiche quanto casomai per quelle dietetiche, che nel farro integrale fanno capolino.
In alternativa, si può utilizzare in sostituzione della farina di frumento per dare un maggior sapore e un aroma migliore a pane e prodotti da forno che abbiamo intenzione di cucinare.
Ma il suo uso continuativo, comunque, non apporta benefici particolari all’organismo.
Forse non tutti sanno che dal farro si ricava il latte di farro, che può essere impiegato come sostituto del latte vaccino o in alternativa ad un altro latte vegetale.
Infine, come di consueto, ecco alcune offerte che vi segnaliamo in rete:
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