Oggi le aperture dei vari giornali riportano titoli a nove colonne sul fatto che le autorità giapponesi abbiano alzato il livello di allerta attorno alla centrale di Fukushima collocandolo “provvisoriamente” al livello 7 della scala INES.
Livello che, va ricordato, è il più alto possibile e che nella storia degli incidenti nucleari fino ad oggi era stato assegnato solo a Chernobyl nel 1986.
La scala INES, la scala degli eventi nucleari e radiologici (INES) creata dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica AIEA. va da un livello minimo di 0 (eventi senza impatti sulla sicurezza) ad un livello 7, incidente molto grave (cfr sotto lo schema).
Il livello 7, fino ad oggi prerogativa del disastro di Chernobyl, indica una diffusione di ingenti quantità di materiale radioattivo in un’area molto vasta, con conseguenti gravi effetti sulla salute della popolazione e dell’ambiente circostante.
La decisione è stata presa alla luce della radioattività riscontrata nell’impianto ed è stata qualificata come “provvisoria”, in attesa di conferma da parte dell’AIEA.
C’è da dire che le radiazioni diffuse a Fukushima rimangono circa il dieci per cento di quelle diffuse dall’incidente di Chernobyl, ma è anche vero che la crisi a Fukushima è ancora in corso e quotidianamente vengono riversate in atmosfera o nelle acque dosi non precisate di materiale radioattivo.
Con buona pace di quanti, nuclearisti italiani in primis, in questi anni hanno ripetuto come un disco rotto che un’altra Chernobyl non era possibile.
No, purtroppo col nucleare un’altra Chernobyl è sempre possibile.
Utilizziamo i cookie insieme ai nostri partner per personalizzare i contenuti e gli annunci pubblicitari, fornire le funzioni dei social media e analizzare il nostro traffico.