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Il Governo azzoppa le rinnovabili?

Non è nostra abitudine fare titoli allarmistici, ma il decreto che verrà presentato oggi durante la riunione preliminare in Consiglio dei Ministri rischia di gettare la scure sulle prospettive di sviluppo delle fonti di energia rinnovabile in Italia e spianare la strada al nucleare come fonte energetica su cui si appoggerà il Paese nei prossimi decenni.

Il Governo azzoppa le rinnovabili?

Ma andiamo con ordine e vediamo cosa prevederà il discusso decreto Romani, che ieri è stato contestato con un infruttuoso sit-in (il ministro si trovava infatti a Milano) da parte di molteplici associazioni ambientaliste ed associazioni di categoria del mondo rinnovabili (Assosolare, Aper, Anev, Legambiente, Greenpeace, Wwf, Fondazione per lo sviluppo sostenibile, Assoenergie Futuro, Kyoto Club, Ises) davanti al dicastero dello Sviluppo Economico.
A nulla è valso l’accorato appello fatto al ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo affinché prendesse una posizione sul tema del futuro delle energie rinnovabili e tutto pare indicare che il Governo vorrà prendere in maniera convinta la strada che favorisce il nucleare sulle rinnovabili.

I punti contestati sono principalmente due:

1) Taglio degli incentivi alle energie rinnovabili, una volta raggiunto il target di  8.000 MegaWatt di pannelli solari: secondo Romani il Conto Energia costa troppo (anche se su questa valutazione è in netto contrasto con alcuni studi di settore svolti di recente, che stimano il peso in bolletta del fotovoltaico nella cifra di appena 1,7 Euro a famiglia) e vanno tagliati a favore del nucleare, nonostante che i veri costi del nucleare siano indeterminati ed indeterminabili.
Tra l’altro il target di  8.000 MegaWatt di pannelli solari ci sembra assurdamente basso, se si pensa che in Germania per il fatidico 2020 esiste un target a 52mila MegaWatt, di cui 18 già installati.

2) Taglio agli incentivi all’investimento del 30%, riducendo drasticamente l’appetibilità del settore per le aziende operanti nelle rinnovabili.
Questo non solo segnerebbe una battuta d’arresto forte nella dinamica di produzione di energia pulita, ma avrebbe anche logiche conseguenze occupazionali sull’indotto delle rinnovabili, con conseguenze a tendere per circa 50mila occupati nella filiera.

Indubbiamente il meccanismo degli incentivi va continuamente corretto ed aggiustato per non creare bolle speculative, ma tagli eccessivi rischiano di soffocare il settore in un momento importante del suo sviluppo.

Che poi dietro ci sia l’esplicita volontà da parte del Governo di favorire il nucleare, una strada fallimentare per diverse ragioni qui già più volte elencate, è un ulteriore motivo di preoccupazione.

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