Abbiamo visto che il biologico occupa in Italia una fetta del mercato ancora piccola, un fenomeno che molti esperti hanno definito di “nicchia”, per lo più concentrato al centro-nord e nei canali di vendita specializzata. Ma abbiamo anche sottolineato che i dati rilevati nell’ultimo triennio mostrano trend dei consumi in continua crescita che a partire dal 2009 hanno spinto anche la GDO (la Grande Distribuzione Organizzata) a credere in questo segmento.
Nonostante la crisi economica, infatti, lo scorso anno la GDO ha assistito ad un incremento delle vendite di prodotti biologici pari all’11,6% (Fonte: Federbio) rispetto al 2010. Una crescita importante, considerando le variabili economiche negative – nel 2009 la crisi era al suo picco – e la concorrenza agguerrita della distribuzione specializzata. La sua diffusione è comunque capillare anche se non ha paragoni con le grandi catene di distribuzione. Il punto di forza della distribuzione specializzata è, tuttora, la grande fiducia accordatale dai consumatori e sostenuta da una rete di oltre 1.000 negozi ben distribuiti sul territorio nazionale e un assortimento medio di oltre 4.000 articoli.
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La GDO ha fiutato l’affare ed è entrata agguerrita più che mai nel segmento bio creando beneficio soprattutto per il consumatore, come conseguenza naturale è aumentata la concorrenza in un mercato che prima era prevalentemente in mano alla distribuzione specializzata.
Difatti i grandi distributori come Coop, Despar (tra l’altro premiata al SANA 2011 con il premio “Bio. Fare, comunicare” per la miglior strategia di comunicazione), Esselunga (la prima a credere nel biologico fin dal 1999), Conad e Carrefour hanno deciso di puntare la loro scommessa sul bio, sicuri di riuscire a ritagliarsi un posto da protagonisti in un mercato che si ritiene sia destinato a crescere in maniera esponenziale nei prossimi anni.
Sulla base di tali presupposti, la GDO ha dato più spazio ai prodotti da coltivazione biologica e in molti casi ha creato linee di prodotti bio a marchio proprio, le cosiddette private label. Una sfida che per alcuni si è rilevata tanto insidiosa – per il rischio di cannibalizzare linee di prodotti equivalenti già lanciate sul mercato – quanto redditizia.
Esselunga, il cui marchio di prodotti biologici ha ricevuto la certificazione Bioagricert (organismo autorizzato dal Ministero dell’Agricoltura al controllo e alla certificazione delle produzioni biologiche in Italia) è riuscita a dotarsi di questo riconoscimento grazie alla sua rete di controlli su tutta la filiera produttiva: dalle materie prime, ai produttori, passando per tutte le fasi di lavorazione dei prodotti. Un contatto diretto con i produttori che ha permesso al distributore Esselunga di essere riconosciuto dal consumatore finale quale garante di qualità.
Ma il 2009 è stato un anno record anche per Coop, che, con i propri prodotti (Viviverde Coop) ha conquistato una quota di mercato pari al 21,8% (contro il 13% della media dei concorrenti) che l’ha lanciata al primo posto nel settore delle private label.
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Più in generale il primo risultato significativo e più tangibile indotto da questo interesse della grande distribuzione nei confronti del biologico è stato lo sgonfiamento dei prezzi che ha in parte permesso di superare l’equazione bio=prezzi elevati, che influenza maggiormente l’acquisto.
In secondo luogo, la creazione di linee a marchio privato ha permesso una maggiore profondità dell’assortimento dei prodotti bio a scaffale, dunque un maggior livello di competitività rispetto al canale specializzato.
Terzo fattore positivo, e non meno importante degli altri, è la maggiore attenzione nella scelta dei fornitori che induce a preferire i produttori italiani a quelli stranieri, con un naturale beneficio per tutti gli operatori che gravitano attorno al settore alimentare italiano.
Ma a proposito degli operatori, le ultime rilevazioni di Federbio, Sinab (Sistema di informazione nazionale sull’agricoltura biologica) e del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali hanno rivelato un fenomeno in controtendenza rispetto all’andamento generale del comparto: nonostante la crescita a doppia cifra del mercato biologico e l’interesse di piccoli e grandi distributori, sembra che il numero degli operatori presenti sul territorio sia in calo.
Sulla base delle analisi condotte nel 2010 da Insab, infatti, il calo degli operatori è del 1,7%: cioè 47.663 operatori tra produttori esclusivi, esportatori, venditori al dettaglio, un migliaio in meno dell’anno precedente in cui oltrepassavano quota 48.000. Questo dato deve far riflettere sull’importanza di tutelare e valorizzare la produzione agricola e zootecnica nazionale prima che il divario fra domanda e offerta diventi incolmabile facendo sì che l’economia italiana perda un’altra importante occasione di rilancio.
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