Il progetto STE nel Mar Rosso: quando il turismo sostenibile aiuta la scienza
Il Mar Rosso, meta per eccellenza di turisti a caccia di sole, relax e divertimento, è il nuovo scenario di una grande impresa scientifica: il monitoraggio della biodiversità marina ad opera di turisti volontari o meglio “scienziati per un giorno”.

L’iniziativa, alla sua seconda fase, prende il nome di STE (Scuba Tourism for the Environment – Red Sea Biodiversity Monitoring Program) ed è la più importante operazione di monitoraggio ambientale ed educazione naturalistica tra quelle promosse dal Marine Science Group del Dipartimento di Biologia Evoluzionistica Sperimentale dell’Università Alma Mater Studiorum di Bologna.
L’elemento caratterizzante queste ricerche è l’approccio metodologico: il coinvolgimento e la partecipazione in progetti d’interesse scientifico di “non addetti ai lavori”, ovvero turisti.
L’analisi dei fondali avviene attraverso la compilazione di schede messe a punto da esperti del settore, ma la parte operativa è affidata a volontari, secondo quella prassi di coinvolgimento dell’uomo comune nella scienza in voga con successo da diversi anni a livello internazionale.
E’ il trend che in America, dove nei soli stati del nord si contano ben 500 associazioni volontarie impegnate nel monitoraggio della qualità delle acque, ha preso il nome di “citizen science”, la scienza fatta dai cittadini.
I vantaggi di questa cooperazione sono straordinari: c’è un’importante ottimizzazione sia dei costi, sia della raccolta dei dati, quantitativamente superiore al numero di schede realizzabili se l’impresa fosse circoscritta ai soli ricercatori ufficiali.
Inoltre c’è un effetto educativo rilevante sul lungo periodo: la diffusione di un nuovo interesse e rispetto verso l’ambiente e lo sviluppo di comportamenti di salvaguardia dell’ecosistema.
Il rilevamento STE in Mar Rosso si avvale di un successo consolidato dalle precedenti operazioni di monitoraggio, effettuate utilizzando la medesima metodologia del sub-turista chiamato al ruolo di “scienziato compilatore”.
Nel 1999 la “Missione Hippocampus Mediterraneo”, aprì la strada alle operazioni di censimento della biodiversità in Italia. Grazie al contributo di 2500 sub, nell’arco di 2 anni fu possibile portare a termine la prima mappatura sulla presenza e sulla distribuzione nelle nostre acque di una specie a rischio di estinzione nel Mediterraneo: i cavallucci marini.
L’importanza dei risultati ottenuti fu riconosciuta a livello mondiale, come dimostra la pubblicazione sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale “Conservation Biology”.
Tra 2000 e 2005 il piano “Sub per l’Ambiente” permise di ottenere importanti dati sulla biodiversità marina delle coste italiane e sullo stato delle acque.
Grazie alle quasi 19.000 schede di rilevamento compilate da 3.800 sub ricreativi fu possibile definire le caratteristiche della popolazione sottomarina e determinare le zone geografiche di maggior concentrazione, come Portofino per la gorgonia rossa e la Sardegna nord-occidentale per l’aragosta.
Tra gli organismi segnalati più frequentemente: il corallo rosso e la patata di mare su fondale roccioso; il granchio melograno e il cavalluccio marino ramuloso su fondale sabbioso.
Durante quest’ultima missione fu possibile stimare che per realizzare il lavoro compiuto dai volontari nel solo primo anno a un ricercatore professionista sarebbero state necessarie 2.705 ore, circa 9 anni, con una spesa proibitiva di oltre 500mila euro.
L’operazione, patrocinata dal Ministero per l’Ambiente, conobbe grande popolarità grazie all’intervento e supporto dei principali mass-media nazionali, come il periodico Quark.
Il reclutamento e la preparazione dei volontari è fondamentale per il monitoraggio, sia perché al numero di adesioni corrisponde una estensione del bacino di analisi e una riduzione dei tempi di rilevazione, sia perché la formazione pre-immersione garantisce una raccolta dati più precisa.
La promozione sul territorio del progetto si avvale del contributo essenziale di agenzie didattiche, come IDEA- International Diving Educators Association, PADI – Professional Association Diving Instructors, SNSI – Scuba Nixtron Safety International e SSI – Scuba School International e del Salone Europeo “EUDI Show” di Bologna, punto di riferimento ed incontro del mondo subacqueo dell’EU.
Il progetto STE nel Mar Rosso riporta l’attenzione sull’importanza della tutela e della conservazione della barriera corallina per motivi: di ordine scientifico, grazie all’alta densità di specie marine presenti, circa un terzo di quelle conosciute, rappresenta un ecosistema significativo per la ricerca marina; di ordine economico, il reef è un’attrazione turistica unica per chi ama le immersioni ed una vera ricchezza economica per i paesi che ne possono vantare la presenza, come dimostrato dal grande flusso turistico registrato lungo la costa del Sinai meridionale presso Sharm El Sheikh, secondo la Egyptian Tourist Authority per il 25% richiamato lì dal fascino della barriera corallina del Parco Nazionale di Ras Mohamed.
L’operazione STE promuove la difesa della barriera corallina, incentivando il turismo subacqueo sostenibile. Grazie al briefing pre-immersione, fornisce indicazioni importanti, come le tecniche di galleggiamento da mantenere durante l’immersione, per modificare ed educare i turisti a comportamenti di rispetto verso la delicata natura dell’habitat marino.
La seconda parte della missione STE in Mar Rosso, 2011-2014, ha trovato un finanziatore diretto nel tour operator Settemari e un contributo operativo nell’Associazione Ambientalista Marevivo, che ha messo a disposizione, tra l’altro, la propria imbarcazione “Felicidad II” per l’analisi della zona a Porto Sudan, famosa come Giardino dei Coralli.
In alcune di queste zone, è stato possibile rilevare lo sbiancamento del reef, il primo nel Mar Rosso. Il fenomeno, come sottolineato dal capo spedizione dell’Alma Mater bolognese, Stefano Goffredo, è un segnale di allerta sulla minaccia rappresentata dai cambiamenti climatici per le barriere coralline di tutto il mondo. A causa dell’innalzamento della temperatura media, anche solo di pochi gradi, le alghe simbiotiche di cui si nutrono i coralli muoiono e di conseguenza anch’essi.
Il monitoraggio è uno strumento importante per la conservazione della biodiversità e la gestione equilibrata delle risorse naturali, come riconosciuto dalle politiche ambientali internazionali, la Convenzione sulla Diversità Biologica del 1992 di Rio de Janeiro e Direttiva Habitat 92/43/CEE. Il suo valore sta nella messa a disposizione di indicazioni sulle variazioni delle risorse nel tempo e nello spazio, fondamentali per la pianificazione di interventi di salvaguardia.
Con il progetto STE il monitoraggio trova nuova spinta vitale partecipando allo stesso tempo alla diffusione di un nuovo tipo di approccio all’ambiente, perché come indicato dal ricercatore Stefano Goffredo: “chi conosce rispetta”.
Oggi ambiente e uomo si stringono di nuovo la mano, sott’acqua.
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