In Piemonte il Referendum sulla caccia non s’ha da fare
“Abbiamo cercato di conciliare esigenze tra chi è a favore e chi è contrario alla caccia, portando avanti un ordine del giorno che noi riteniamo equilibrato e che offre garanzie politiche. Chi già annuncia ricorsi amministrativi lo fa perché non accetta il confronto ma cerca la battaglia politica.”

Con queste le parole il capogruppo PdL alla regione, Pedrale, mette la parola fine al referendum sulla caccia in programma il 3 giugno prossimo in Piemonte. Una fine ingloriosa, e poco democratica, aggiumgeremmo noi.
Il Consiglio Regionale del Piemonte il 4 maggio 2012 ha votato l’emendamento alla legge regionale 70/1996 che la abolisce, così da rendere inutile la consultazione popolare di giugno. La motivazione? Vile pecunia, si risparmieranno 22 milioni di euro alle casse della Regione. Questa la posizione del presidente Cota e di chi ha votato per l’emendamento.
Il referendum piemontese sulla caccia, lo ricordiamo, non poteva abolire la caccia perché è una consultazione regionale ma avrebbe voluto ridimensionarla, dando dei limiti alle giornate (abolendo la domenica) e alle specie cacciabili (ridotte a 4, cioè cinghiale, lepre, fagiano, minilepre).
Grazie allora signori, per aver difeso la borsa da chi voleva sperperare denaro pubblico per un così triviale motivo, impedire di uccidere per sport poveri animali indifesi…
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