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India: finalmente in aumento il numero delle Tigri?

Le tigri rappresentano una specie ad alto rischio d’estinzione. Più della metà della popolazione è stanziata, ad oggi, in India ed i numeri, sino a poco tempo fa, erano tutt’altro che confortanti.

India: finalmente in aumento il numero delle Tigri?

Un censimento del 2006 aveva, infatti, rivelato che il numero delle tigri presenti sul territorio era di 1.411, confermando il preoccupante trend di decrescita che aveva toccato il picco del 97% nell’ultimo secolo (40.000 esemplari nel 1947, al tempo della dichiarazione d’indipendenza dall’Inghilterra; 3.700 nel 2.200).

Le cause principali di un simile stato di cose erano, e sono, da imputare a due fattori principali:

  • la perdita dell’habitat naturale
  • la caccia di frodo

L’avanzamento dei terreni coltivati a pascolo, dovuto all’incremento della richiesta di legname per fini industriali ed edilizi, ed aiutato dai numerosi incendi, non di rado di origine dolosa, che hanno irrimediabilmente deturpato ettari ed ettari di foresta tropicale, unitamente alla pressante richiesta, da parte del mercato internazionale, e di quello cinese, in particolare, di pelle di tigre e di parti del corpo animale – 923 sono le uccisioni accertate tra il 1994 ed il 2010 – ha innescato un rapido processo di riduzione della popolazione felina, che ha, in breve, raggiunto i limiti dell’estinzione.

Lo scorso 28 Marzo, a Nuova Delhi, nell’ambito della Conferenza internazionale sulla protezione delle tigri, è stato presentato l’ultimo censimento a cura del Project Tiger, il progetto ministeriale finalizzato allo studio e alla protezione della specie felina presente sul territorio.

I risultati sembrerebbero gettare uno squarcio di speranza sulla sopravvivenza della specie, evidenziando un incremento della popolazione felina del 12% negli ultimi quattro anni: dai 1.4011 esemplari osservati nel 2006 agli attuali 1.706 ( con un range che oscilla tra 1.571 e 1.875).

Una simile dato sarebbe la riprova della bontà della strategia in tre mosse adottata dal governo indiano a partire dal 1973, anno in cui il Tiger project fu fondato:

  1. incremento delle aree destinate a riserva;
  2. eliminazione di ogni forma di sfruttamento animale, anche mediante la riduzione della presenza e dell’intervento umano sui territori occupati dalle tigri;
  3. studio ed il monitoraggio dei mutamenti della flora e della fauna dei luoghi.

Non tutti, però, sono forieri della medesima ventata d’ottimismo. Rajesh Gopal, infatti, responsabile del progetto, ha lanciato il più che fondato sospetto che l’incremento dei dati numerici, lungi dal dipendere da un massiccio ripopolamento della specie, vada imputato, in larga parte, ad un potenziamento degli strumenti d’osservazione e di studio impiegati.

L’ultimo censimento, infatti, avrebbe coinvolto aree non considerate nel 2006, quali il Sunderbans, al confine con il Bangladesh, e certe zone dell’Assam, ed impiegato strumenti tecnologici ben più avanzati, tra cui test del DNA e telecamere nascoste.

Molto, pertanto, è stato fatto, com’è indubbio, ma altrettanto resterebbe ancora da fare nella lotta per la sopravvivenza della specie felina.

All’apertura della conferenza del 28 marzo conferenza, Isabel Guerrero, vicepresidente della Banca Mondiale per il Sud Asia, ha rimarcato il nesso inscindibile che scorre tra il ritmo compulsivo ed incontrollato con cui ha luogo la crescita economia e tecnologica del pianeta e la distruzione, altrettanto rapida, quanto irreversibile, di interi ecosistemi, e con essi, delle specie animali che li popolano.

Nell’immaginario collettivo, osserva la Guerrero, la tigre è l’animale fiero per eccellenza, sinonimo di forza, di bellezza, di passione, di libertà e velocità.

Pensare che un simile patrimonio biologico, e con esso il suo portato metaforico, possa andar perso poco incoraggia e dovrebbe spingere non soltanto il governo indiano, ma l’intera comunità internazionale, a farsi carico d’un obiettivo comune e di una comune strategia d’informazione e di lotta.

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Serena Romano