Forse non tutti conoscono Green Hill. Tradotto in italiano -“Verdi colline”- potrebbe fare pensare ad un posto magnifico, un luogo a stretto contatto con la natura, in cui tutto sia pensato e realizzato nel suo pieno rispetto.
Ed invece, dietro ad un nome così “pulito”, origine di pensieri e sensazioni positive, si cela un incredibile tanto quanto terribile luogo degli orrori.
Siamo a Montichiari, in provincia di Brescia, e dal 2001 ci troviamo di fronte ad uno dei più grandi allevamenti d’ Europa di cani beagle destinati alla vivisezione.
Un luogo spaventoso in cui, ogni mese, centinaia di cuccioli vengono strappati precocetemente alle proprie mamme- “macchine da riproduzione” – per essere destinati ai laboratori per la vivisezione.
Vite consumate dietro sbarre, in piccole celle in condizioni a dir poco inaccettabili. Piccoli cuccioli nati per morire e condannati ad atroci sofferenze per tutta la loro breve esistenza.
Ma tutto questo potrebbe finalmente finire, dopo anni di movimenti nati per fermare l’intera struttura, prima bloccandone l’ampliamento e poi denunciando il fatto che fosse fuori norma (per legge gli animali detenuti possono essere al massimo 200, mentre la struttura ne ospita circa 2500).
Oggi la chiusura definitiva di Green Hill sembra essere davvero molto vicina.
Non solo grazie alle pressioni costanti degli attivisti (settimana scorsa, in un nuovo blitz contro Green Hill alcuni attivisti del Coordinamento Fermare Green Hill si erano incatenati alle grate delle finestre del famigerato allevamento), ma anche perché la Camera lo scorso Febbraio ha approvato l’articolo 16 della legge comunitaria, che fissa i principi e i criteri per la protezione degli animali usati ai fini scientifici.
Tra le varie norme sicuramente va menzionato il divieto di allevamento di cani, gatti e primati per vivisezione fortemente voluto e promosso a suo tempo dall’ex Ministro Brambilla e che porterà, una volta approvato alla chiusura definitiva del luogo degli orrori.
Un divieto che si accompagna a “la previsione di destinare congrui finanziamenti ai metodi alternativi”, un tema che a Bruxelles era stato solo toccato marginalmente e che invece rappresenta la strada da percorrere per superare definitivamente la vivisezione.
Un passo in avanti verso la civiltà, che renderebbe l’Italia un Paese responsabile e sensibile alla lotta contro la vivisezione: un gesto di forte civiltà e cultura a sostegno di piccoli animali indifesi.
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