Scopriamo insieme come coltivare le fave, una pianta primaverile che inizia ad affacciarsi sui banchi del mercato ortofrutticolo già a metà marzo.
Le fave sono un legume buono da mangiare e ricco di proprietà nutritive. Garantiscono, infatti, un buon apporto di ferro e altri minerali, e una notevole quantità di vitamine.
Si possono consumare crude o cotte.
Dopo i consigli sulle loro proprietà e su come cucinare e gustare le fave ora vi spieghiamo anche come coltivarle nel vostro orto.
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Si tratta di una pianta erbacea e annuale che appartiene alla famiglia delle leguminose. Nella nomenclatura botanica, sono note come Vicia faba L. o Faba vulgaris, ed appartengono alla famiglia delle Fabaceae.
In genere questi legumi maturano tra maggio e giugno, ma a seconda delle varietà (precoci e tardive) e della fascia climatica in cui sono coltivate, in realtà le troviamo da aprile a tutto agosto.
In realtà si tratta di fave secche e prive del tegumento, la pellicina che le ricopre, che hanno un caratteristico colore giallo-oro chiaro o bianco.
Si potrebbe anche confonderle con i lupini, che però sono un altro tipo di legume.
Sono apprezzate in tavola fin dai tempi antichi. Si pensa che arrivino dall’Asia, ma presto la loro coltivazione si diffuse tra Greci, Egizi e Romani.
Fino agli inizi del ‘900 questi legumi rappresentavano la principale fonte di vitamine in molti paesi del Sud Italia grazie al fatto che fossero ricche di contenuti proteici, facili da coltivare e di prezzo economico. Oggi invece i principali produttori di fave sono oltre all’Italia, la Germania e la Cina.
Questa pianta conta diverse varietà, oltre alla varietà detta favetta destinata al consumo animale come foraggio, in cui un singolo baccello arriva a pesare anche 1000 gr.
Le fave da orto sono invece quelle edibili, che maturano in primavera, e le varietà sono suddivise per periodo di raccolta:
Considerato un legume facile da coltivare, molto diffuso negli orti del Sud Italia, ha bisogno di un clima mite tipico del centro e sud de nostro paese.
Fiorisce e dà i suoi frutti senza troppi sforzi. Ecco quali consigli seguire per coltivarle nel proprio orto.
Il terreno deve essere a medio impasto con pH neutro o leggermente alcalino. Si semina all’aperto in genere in autunno tra novembre e dicembre, e nei mesi di gennaio-febbraio nelle zone più calde, ma alcune varietà tardive possono essere seminate, anche a marzo-aprile nelle zone più fredde.
Attenzione: temono il caldo e la siccità, che rallentano la formazione dei baccelli, motivo per cui bisogna evitare di piantarle troppo tardi.
Per prendersi cura delle piantine bisogna prima di tutto pulirle sempre dalle piante infestanti.
L’orto va irrigato con periodicità, ma senza abbondare, ovvero il terreno non deve restare a lungo bagnato.
Mantenete quindi il terreno morbido e privo di erbacce indesiderate, zappando regolarmente.
Una buona pacciamatura limiterà la crescita delle erbacce ma anche il numero di annaffiature.
Quando le piante sono alte circa 15-20 cm, spuntate la pianta di 3-4 cm per mantenerla ben piantata a terra.
A partire da maggio, quando i fagioli si stanno formando o durante la fioritura, tagliare le estremità dei germogli al di sopra del 5° o 6° livello.
Mi raccomando:
Quando la pianta termina di produrre frutti, come consigliato per tutte le leguminose, va tagliata e interrata perché migliora la qualità del terreno a favore delle future coltivazioni.
Per le varietà più alte e se il vostro orto è soggetto a forti venti, non esitate a picchettare le fave per evitare che si pieghino al primo colpo.
Le fave vengono raccolte circa 3 mesi dopo la semina.
Questo periodo può variare a seconda delle condizioni climatiche, della qualità del terreno e della quantità di acqua ricevuta dalle fave.
Come si fa a sapere quando raccogliere le fave in modo che non siano né troppo mature né troppo giovani?
Ci sono alcuni segnali che possono aiutarvi ad essere sicuri…
Queste piante crescono bene in compagnia di carciofi, aneto e lattuga.
Daevitare invece l’accostamento a piante di aglio, barbabietola, scalogno e cipolla.
Sebbene siano facili da coltivare e mantenere, devono essere curate con attenzione: il loro principale nemico è l’afide nero.
Si nota quando attacca gli steli e talvolta anche i baccelli, formando colonie di colore nero che danneggiano il raccolto delle fave.
Gli afidi devono essere trattati non appena compaiono.
Se necessario, dovete rimuovere le parti infestate dei fusti se l’invasione è importante e localizzata.
Fate attenzione anche alla possibile comparsa di funghi come la muffa o la ruggine dei fagioli, causata dal fungo Uromyces appendiculatus.
I fiori secchi di fava che potete anche acquistare in erboristeria possono essere utilizzati per preparare un decotto dalla ottime proprietà diuretiche.
Bastano 10 gr di fiori secchi in 250 ml di acqua.
In erboristeria si trovano anche i baccelli secchi e con appena 50 grammi in 250 ml di acqua si può preparare un infuso consigliato soprattutto durante la gravidanza perché fornisce un importante apporto di folati, da cui deriva l’acido folico: un tazza di fave cotte contiene il 44% del fabbisogno giornaliero di acido folico.
Una volta spiegato come provare a coltivarle, ecco alcune risposte a domande
Il modo migliore per conservarle a lungo è metterle in freezer.
Potete anche metterle in frigorifero, ma dureranno solo pochi giorni.
Una buona alternativa per conservarle è essiccarle, possono essere conservate anche per molti mesi se ben eseguita.
Dovete:
Sono ricche di vitamine, ferro, potassio, magnesio, rame, selenio e soprattutto acido ascorbico.
In particolare si compongono di
Grazie alla loro composizione ne viene consigliata l’assunzione per depurare l’organismo:
Non va dimenticato che a fronte di tante proprietà nutritive, sono povere di grassi e quindi sono un alimento consigliato nelle diete ipocaloriche: 100 gr contengono 70 calorie.
Tra le proprietà benefiche sembrerebbe che siano efficaci nel ridurre i sintomi del morbo di Parkinson.
Questo legume infatti contiene un amminoacido dal nome l-dopa, in grado di agire sui livelli di dopamina, andando ad aumentare la sua concentrazione all’interno del cervello.
La dopamina è ingrediente principale dei farmaci che combattono la degenerazione causata dal Parkinson.
Mangiare fave può causare disturbi, soprattutto se si esagera. In particolare, come tutti i legumi, possono causare pancia gonfia.
Hanno una controindicazione molto pericolosa: il favismo. Si tratta di una patologia correlata alla carenza di un enzima, il G6PD. È una forma di grave anemia, diffusa in Italia soprattutto nel Sud e nelle isole, causata dall’ingestione di Vicia faba e di alcuni farmaci.
La carenza dell’enzima G6PD può scatenare crisi emolitiche: uno dei fattori scatenanti è proprio l’ingestione di fave o l’inalazione del loro polline. Una delle cause è la presenza della divicina nel legume soprattutto crudo.
Non ci sono evidenze scientifiche che supportino questo effetto sull’uomo.
Possono essere consumate cotte o crude e anche essere fatte essiccare o surgelare per conservarle a lungo prima di essere cucinate. Solo fresche però possono essere mangiate con la pellicola che le ricopre, il tegumento.
Se le si vuole cuocere, devono sempre essere decorticate, cioè va eliminata la pellicina che le ricopre, per renderle più digeribili. Poi potranno essere cotte, essiccate o surgelate.
Secche possono decorticate, cioè già essere private del tegumento , e allora basta un ammollo di 8-10 ore in acqua fredda (che dovrete buttare) prima di cuocerle. L’acqua le rammollisce, fino a trasformarle in una purea. Si accompagnano a verdure dal gusto amarognolo, come la cicoria.
Se sono state essiccate con il tegumento, allora vanno vanno prima ammollate per 12-18 ore in acqua fredda che poi getterete, come per i fagioli e i ceci, e poi lessate per farne zuppe e vellutate.
Si possono anche surgelare ancora crude, eliminando prima la pellicina e poi conservandole in sacchettini trasparenti per alimenti.
Per consumarle dovranno poi essere sempre cotte, sia direttamente in padella con dell’olio di oliva e alcuni cucchiai di acqua o brodo, sia bollite.
I legumi fanno parte degli alimenti con basso indice glicemico quindi consigliati per i malati di diabete.
Si è scoperto inoltre che esercitano un’azione positiva generale sull’organismo, hanno la capacità di regolare l’assunzione dei carboidrati. Fanno sì che i carboidrati vengano assorbiti lentamente, evitando così che gli zuccheri che ne derivano si riversino nel sangue troppo rapidamente, causando picchi glicemici.
La capacità offerta da questi baccelli di contenere i rapidi aumenti di glicemia è molto importante, perché proprio i picchi iperglicemici ripetuti sono corresponsabili dello sviluppo di complicanze, soprattutto nel diabete di tipo 2.
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