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L’incidente di Chernobyl e tutte le sue cause

La concezione del reattore distrutto di Chernobyl (e degli altri dello stesso tipo, realizzati solo in URSS), non comportava una “sicurezza intrinseca”, come  spesso ci viene raccontato.

L’incidente di Chernobyl e tutte le sue cause

Necessaria una piccola premessa, ancorché semplificata, sulle modalità di funzionamento della centrale: il suo combustibile (190 tonnellate di uranio arricchito al 2% circa di U235) è contenuto in guaine metalliche cilindriche. Queste sono inserite in “tubi di forza” verticali di 7m, alloggiati in una grande matrice di blocchi di grafite (diametro: 12 m), che funziona da “moderatore” e produce con continuità i “neutroni lenti” necessari per sostenere la fissione. Il combustibile è raffreddato con acqua che, spinta da pompe di circolazione, entra dal fondo dei tubi di forza (allo stato liquido a 272°C ed a pressione di 82 bars), lambisce il combustibile e ne asporta il calore prodotto. Risalendo lungo i tubi, essa si riscalda fino a bollire a 285°C, generando il vapore che è veicolato direttamente al turbo-alternatore, per produrre elettricità. Finché è allo stato liquido, l’acqua funziona  da buon refrigerante e da “assorbitore” di neutroni: invece, allo stato di vapore queste capacità si riducono rapidamente.

Quando aumenta la potenza del reattore (e con essa la temperatura e la produzione di vapore) l’assorbimento di neutroni si riduce, intanto che la grafite fissa continua a produrne. La combinazione dei due fenomeni fa aumentare la disponibilità di neutroni lenti utili per la fissione e, conseguentemente, aumentano potenza, temperatura e produzione di vapore e così via. Si crea una situazione a “coefficiente di vuoto progressivamente positivo”, con aumento crescente della reattività.

Nel combustibile si verifica un fenomeno contrario: con l’aumento della sua temperatura, cresce l’ assorbimento di neutroni da parte dei nuclei di Uranio 238 (“catture fertili”), con sottrazione di neutroni alla reazione di fissione. Questo comporta, quindi, un “coefficiente di temperatura negativo” e progressivo che tende a far diminuire la reattività.

Questi fenomeni contrastanti producono effetti variabili, in funzione del livello di potenza del reattore: essi tendono a compensarsi ed a stabilizzare il reattore alla sua potenza nominale. Invece, intorno al 20% della potenza nominale prevale il “coefficiente positivo di vuoto” ed il reattore diventa molto instabile: in particolare,una eventuale brusca riduzione di alimentazione dell’acqua di refrigerazione provoca un aumento rapidissimo di vaporizzazione di quella restante nel reattore e la potenza può impennarsi pericolosamente, rendendo necessario un arresto rapido del reattore. Questa analisi, sia pure molto semplificata per renderla comprensibile, mostra che il reattore era privo di sicurezza intrinseca.

Inoltre, anche le barre di controllo del reattore presentavano dei difetti di concezione:  lunghe 7m e munite di lunghi “prolungatori” di grafite sospesi alla parte assorbente di controllo situata alla estremità superiore, il loro difetto maggiore era un tempo di inserimento nel reattore eccessivo (20s contro meno di 2s  nei reattori occidentali). Secondo rigorose norme di sicurezza, almeno 30 di esse avrebbero dovuto essere sempre inserite nel reattore,per adattarsi a qualsiasi anomalia.

Le cause fondamentali dell’incidente di Chernobyl sono legate alla concezione stessa del reattore, ma esso fu provocato da errori gravissimi compiuti, in violazione di tutte le norme di sicurezza, da operatori decisi ad effettuare un esperimento su un turbo-alternatore (praticamente inutile perché già tentato senza successo in altro impianto), ma inconsapevoli dei gravi effetti che poteva indurre sul funzionamento del reattore. In seguito giudicati colpevoli da un tribunale sovietico, essi furono condannati a pene severe di reclusione.

Gli errori più gravi:

– reattore mantenuto a lungo in stato di grave instabilità;

– estrazione delle 30 barre di sicurezza;

– disattivazione dei sistemi di spegnimento e di refrigerazione di emergenza .

Dallo stato di grave instabilità (potenza di 200 MWt), il reattore si portò, in qualche secondo, al livello di circa 300.000 MWt. Pressione e temperatura raggiunsero valori elevatissimi, il combustibile entrò in fusione, l’acqua rimasta si dissociò producendo idrogeno. Due esplosioni violentissime: la prima per pressione del vapore, la seconda per esplosione dell’idrogeno a contatto dell’aria, seguite da un incontrollabile incendio della grafite. Incidente gravissimo (per le cause citate e fino ad allora sconosciute fuori dell’URSS),che si trasformò in “catastrofe di Chernobyl”, anche per mancanza ingiustificabile di strutture di contenimento del reattore. Nel resto dell’Europa i danni diretti furono molto modesti.

Gli altri 15 reattori dello stesso tipo furono mantenuti in funzione, ma messi successivamente in condizione di sicurezza (o minore insicurezza a seconda dei punti di vista) con il contributo tecnologico e finanziario dell’ Occidente capitalista. Attualmente, ne restano in funzione 11.

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