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L’Italia guarda anche all’estero per produrre energia rinnovabile

Il 2011 sarà ricordato anche come un anno in cui le imprese italiane impegnate nella filiera delle energie rinnovabili cominciano a scoprire le opportunità dei mercati esteri. Si comincia a mettere il naso anche oltreconfine, per diversificare ed evitare pericolose concentrazioni di attività nel solo territorio nazionale, e nel contempo approfittare dei vantaggiosi incentivi offerti in altre nazioni.

I dati parlano da soli: la voce export da sola occupa il 4% sul totale delle operazioni nel 2011, un netto passo in avanti rispetto al + 1% registrato dodici mesi orsono. Un anno, il 2010, che ha registrato nel Belpaese 2.100 Mw di nuova potenza installata (+192% rispetto all’anno precedente) per un giro d’affari che di oltre sette miliardi e mezzo di euro. Prendendo ad esempio il fotovoltaico, le imprese attive hanno raggiunto quota 800, impiegando 18.500 addetti che diventano 50.000 considerando l’indotto. Crescono in maniera sostenuta anche gli investimenti all’estero, non solo in Italia.

La vera cartina di tornasole è però rappresentata dall’eolico. Una branca del’energia verde che lungo lo Stivale attraversa una fase di stasi, per la mancanza di sicurezza normativa, e per l’allargamento del perimetro della Robin Tax. La soluzione? Volgere lo sguardo ai paesi esteri, un ragionamento che ha sbilanciato le proporzioni d’investimento in maniera evidente. Nel 2010 il 30% dei capitali aveva preso rotte straniere, una quota salita al 71% nel primo semestre del 2011. Tuttavia l’Italia non viene trascurata, sul territorio si registrano investimenti per un miliardo di euro, coperti principalmente dalle grandi realtà industriali. Il vento dell’estero soffia più forte, dunque, in presenza di un quadro normativo stabile e meno incerto di quello italiano.

Di fatto, le previsioni parlano di una categoria, quella che sfrutta le correnti del vento, che è destinata a divenire un fattore nell’economia “green” tricolore.  Entro il 2020 si prevedono benefici netti compresi tra 25,9 e 37,3 miliardi di euro, e un potenziale di 16.000 Mw di potenza totale installata.

Ne deriverebbero enormi vantaggi, per l’occupazione, la crescita del Pil, la riduzione delle emissioni inquinanti e delle importazioni di energia. Ossia tutto quello che ci si aspetta dalla maturità della green economy.

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Published by
Claudio Riccardi

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