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Marea Nera anche in Nuova Zelanda

I disastri ecologici legati alle fuoriuscite di petrolio – una inquietante “marea nera” – responsabili  della distruzione dell’eco-sistema marino, diventano sempre più frequenti. Nessuna area geografica del globo è stata risparmiata. Ogni continente è stato o è interessato da un incidente che può mettere a rischio la sopravvivenza di molte specie animali e vegetali. Non si contano poi i danni economici per chi trova nella pesca o nel turismo la propria fonte di sostentamento.

Marea Nera anche in Nuova Zelanda
Un uccello marino ricoperto di greggio è soccorso dai volontari

L’ultimo incidente che vede protagonista in negativo l’oro nero e l’incuria umana si sta verificando in Nuova Zelanda. Dalla scorsa settimana infatti, il cargo Rena, battente bandiera liberiana, si è incagliata sulla barriera corallina a 12 miglia nautiche da Tauranga, sulla costa orientale di North Island. Il petrolio fuoriuscito è ormai arrivato su una delle più popolari spiagge del paese, in quello che è sicuramente il peggiore disastro ambientale da decenni per l’area.

A rendere problematiche le operazioni, ci si mettono anche le difficili condizioni meteo e del mare: onde di 5 metri e vento a 25 nodi. E le previsioni sono di peggioramento anche se, secondo le autorità, per ora non ci sarebbe il rischio che la nave (di 47.230 tonnellate di stazza) si spezzi. Inoltre si stima che siano già fuoriuscite solo 300 delle 1.700 tonnellate di greggio presente nei serbatoi.

Questa volta il dispiego di uomini è notevole e si cerca di avere un atteggiamento realistico con i media. I soccorsi, per mettere in sicurezza l’area e limitare la fuoriuscita del greggio, contano ben 250 specialisti e volontari, accorsi da diverse parti del mondo; mentre 300 militari sono pronti ad entrare in azione per ripulire le spiagge minacciate dall’arrivo delle bolle di petrolio. E le notizie, diramate dalla Maritime New Zealand (il Dipartimento della Marina Neozelandese), sono puntuali e precise.

Nonostante ciò, i danni alla fauna già si stanno purtroppo verificando. Sinora sono morti circa 50 uccelli marini e ne sono stati curati altri 20 per la contaminazione dal greggio: «Le prossime 24-48 ore saranno decisive per evitare una catastrofe ambientale», ha detto Rebecca Bird, della sezione Marina del WWF.

Speriamo che i danni si limitino a quelli. E che qualcuno paghi finalmente per quanto provocato. Al contrario di analoghe tristi e recenti vicende come Messico e Cina.

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Luca Scialò