Terapie riabilitative

Moxa o moxibustione: come funziona e quali benefici

Una pratica millenaria che cura il dolore e le infiammazioni con dei sigari di artemisia

La moxa è una pratica millenaria che ci è stata tramandata dalla medicina tradizionale cinese e che sfrutta il calore per la cura di diverse malattie di origine infiammatoria. Parliamo della moxa e conosciamo a fondo la storia di questa terapia, le tecniche per praticarla e i suoi benefici.

Moxa o moxibustione: come funziona e quali benefici

Cos’è la moxa

Conosciuta anche come moxibustione o moxaterapia, è uno dei capisaldi della medicina tradizionale cinese, assieme alla digitopressione, all’agopuntura, alla riflessologia, al massaggio TuiNa, alla coppettazione ed a varie forme di fitoterapia

Questa pratica consente di curare molte affezioni dolorose di origine infiammatoria attraverso il calore prodotto durante la combustione di sigari o aghi di erbe officinali, prima fra tutte l’artemisia.

Il suo nome, in realtà, è di origine giapponese e vuol dire letteralmente ‘erba che brucia‘ (da Moe ‘bruciare’ e Kusa ‘erba’).

Questa terapia si è fatta strada nei secoli in particolare per la sua capacità di alleviare in modo naturale il dolore muscolare e articolare.

La tecnica si basa sugli stessi principi dell’agopuntura, ma la sua pratica è molto più antica. Vediamo insieme le origini di questa disciplina e i benefici che si possono trarre dalla sua applicazione.

Moxa: terapia alternativa

La moxa è letteralmente la cura attraverso il calore praticata con una tecnica non invasiva e per nulla dolorosa che consiste nell’applicazione  di ‘sigari’ o coni di artemisia direttamente sulle zone da trattare. Si tratta, in effetti, di una antica disciplina le cui origini risalgono al II e I secolo a.C., ma che in occidente è praticata solo da pochi anni.

Le testimonianze più antiche riguardanti la moxa, riferiscono di una terapia utile nelle fasi croniche e transitorie di alcuni disturbi e patologie dolorose, tra cui:

  • contratture muscolari
  • dolori articolari
  • dolori al collo o alle spalle
  • blocco digestivo
  • infiammazione dovuta a liquidi trattenuti

Indipendentemente dalla tecnica utilizzata, la moxa genera dei benefici semplicemente bruciando ad alte temperature le sostanze contenute nell’artemisia.

Tali principi attivi, liberati durante la combustione, si diffondono nella pelle e in tutto il corpo attraverso i meridiani e i vasi sanguigni. Alla base di questa tecnica, però, vi è un’analisi molto attenta di un esperto che valuterà nello specifico come procedere e i quali punti del corpo intervenire.

Moxa o moxibustione

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La moxa e l’artemisia

Anticamente, la moxa veniva praticata con ramoscelli e foglie secche, carbone di legna, zolfo o bastoncini di avorio.

Oggi, invece, la moxibustione prevede l’uso di artemisia vulgaris (assenzio cinese), una pianta officinale molto diffusa anche in Italia e in tutto l’emisfero boreale. Ai fini della terapia, si utilizzano foglie e parti della pianta essiccate da almeno 2 anni e si sfrutta il calore sprigionato durante la combustione dei coni.

L’artemisia, in effetti, è impiegata fin da tempi antichissimi per il trattamento di numerose affezioni ed è uno dei rimedi naturali più utilizzati dalla medicina popolare cinese.

Moxa o moxibustione

Di essa si sfruttano sia le parti aeree che le radici. Queste ultime, in particolare, vengono utilizzate per l’azione sedativa e rilassante che svolgono sul sistema nervoso. Il loro estratto, infatti, è indicato nel trattamento degli stati d’ansia, di stress e di stanchezza mentale.

L’artemisia appartiene alla famiglia delle asteracee. In natura esistono circa 350 specie di artemisia, come l’assenzio (Artemisia absinthium).

I fiori, invece, sono concentrati naturali di oli essenziali (linaiolo, cineolo, beta tujone, alfa e beta pinene, borneolo, neroli, mircene), flavonoidi e lattoni. In virtù di questo prezioso fitocomplesso, l’estratto di artemisia svolge un’azione antispasmodica sui muscoli ed emmenagoga, regolando il flusso mestruale e sedando gli spasmi.

Si presenta sotto forma di sigari, bastoncini o piccoli coni. La scelta dell’uno o dell’altro strumento e le loro dimensioni variano a seconda della zona da trattare e dell’entità del dolore.

Sigari per la moxa

La moxa si può praticare attraverso l’utilizzo di sigari lunghi circa 20 cm e larghi 1-2 cm. Questi sigari vengono riempiti con le foglie intere ed essiccate di artemisia avvolte in un sottile strato di carta di gelso umettata con l’albume d’uovo.

Una volta accesi, la brace dei sigari viene tenuta a 2-3 cm di distanza dalle zone oggetto di trattamento, senza provocare dolore né bruciature.

In alternativa si possono impiegare anche dei coni o aghi dotate di else riempiti con ‘lana’ di artemisia, ma questa tecnica è decisamente meno utilizzata perchè prevede il contatto diretto della brace (o dell’ago) con la cute.

Punti dove applicare la moxa

Durante la terapia, l’esperto individua i punti dei meridiani da trattare ed esegue le applicazioni secondo precisi criteri.

Il principio è quello di dispersione o tonificazione: nel primo caso si libera l’energia negativa bloccata in un punto; nell’altro si ‘riempie’ un punto vuoto che deve essere tonificato.

Nel caso in cui si proceda per dispersione, il calore deve essere più intenso e la rotazione antioraria sopratutto se si usano i sigari.

Moxa o moxibustione

Nel caso in cui si utilizzino i coni, devono essere pochi e di dimensioni medie così da ardere molto più velocemente. Nel caso si voglia tonificare un punto del corpo, il movimento deve essere orario e i coni o sigari molto più lunghi in modo che il calore si infonda lentamente e per un intervallo di tempo più lungo.

I momenti della giornata più indicati per praticare la moxa  la mattina. Di solito la terapia non viene praticata non più di 3 volte a settimana per 5-10 minuti.

Moxa e feto podalico

Questa tecnica è riconosciuta anche tra le pratiche ostetriche orientali per stimolare la rotazione del feto quando esso è podalico. In questo caso, il calore fine utilizzato in alcuni punti del piede della gestante, più esattamente nel punto 67v che corrisponde all’angolo ungueale esterno del mignolo del piede.

Le applicazioni devono essere eseguite tutti i giorni per 30 minuti in entrambi i piedi partendo dalle ultime settimane di gravidanza.

Ma su quale assunto è basato l’uso della moxa per evitare il parto podalico? La medicina tradizionale cinese asserisce che il feto podalico, fluttuando nel liquido amniotico in modo anomalo, vive una condizione di disarmonia dei fluidi corporei. La vescica, che è il viscere che regola questi fluidi, deve essere tonificata agendo nel suo meridiano, il famoso punto 67v, che è anche il suo ultimo punto.

 Moxa: controindicazioni

Presenta delle controindicazioni nei seguenti casi:

  • febbre alta
  • ipertensione arteriosa
  • bambini sotto i 7 anni
  • diabete
  • allergie alle composite

Erika Facciolla

Giornalista pubblicista e web editor free lance. Nata nel 1980, si trasferisce a Bologna dove si laurea in Scienze della Comunicazione. Dal 2005 è pubblicista e cura una serie di collaborazioni con redazioni locali, uffici stampa e agenzie editoriali. Nel 2011 approda alla redazione di tuttogreen.it per occuparsi di bellezza e cosmetica naturale, fonti rinnovabili e medicine dolci.

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