Nestlé, colosso dell’industria alimentare, annuncia attraverso David Rennie, amministratore delegato di Nestlé UK Confectionery, di aver concluso un’operazione di “purificazione” dei propri prodotti dolciari dall’utilizzo di conservanti e coloranti chimici.
Sappiamo bene quanto ueste sostanze siano dannose per la salute nostra e dei bambini, grandi consumatori di snack, specialmente per fare merenda. Molti studi condotti in varie università evidenziano stress, cali di attenzione e carenze cognitive tra i bambini che consumavano abitualmente junk food e snack con alte percentuali di conservanti e coloranti chimici (una per tutti è la pubblicazione della Cardiff University di maggio 2011, Breakfast and Snack, Association with Cognitives Failures, Minor Injuries, Accidents and Stress).
Al momento sono 79 le ricette di prodotti che sono state revisionate dopo attente segnalazioni inviate dai consumatori. L’azienda si dichiara molto soddisfatta del risultato raggiunto, considerando che al momento è l’unica nel Regno Unito ad aver rimosso il 100% delle sostanze artificiali dagli alimenti.
I primi prodotti ad essere interessati furono gli Smarties e il Milky Bar nel 2005. I coloranti sono stati sostituiti da concentrati di frutta e verdura e alternative naturali, come l’ibisco o il radicchio. Rennie assicura che ogni prodotto a marchio Nestlé, comprese le bevande, è stato sottoposto a questo processo di revisione.
In realtà alcuni casi ci ricordano che dietro questa operazione potrebbe esserci la volontà di riscattare l’immagine di un’azienda che anni fa è stata al centro di pesanti polemiche. Nel 2008 ci fu lo scandalo del latte contaminato a Taiwan, mentre nel 2010 si ritrovò coinvolta nella campagna Kit Kat Killer portata avanti da Greenpeace, con la quale si denunciava il contributo della Nestlé alla distruzione delle foreste pluviali nell’Indonesia.
L’azienda difatti si serviva di un’industria locale, la Sinar Mas, che produce olio di palma e carta abbattendo piantagioni ad alto rischio di deforestazione. La risposta della Nestlé fu perentoria, sono stati subito interrotti i rapporti con il fornitore, ma lo scandalo non aveva di certo contribuito a farla figurare come azienda eco-friendly.
A questo punto a noi sorge il dubbio: quanto è reale questo impegno nel modificare la propria politica industriale e quanto invece c’è dietro un’operazione che sà tanto di greenwashing?
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