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Pannelli solari ancora più efficienti grazie alla perovskite

La sfida per un fotovoltaico di nuova generazione, a basso costo, lunga durata ed alta efficienza, potrebbe esser presto vinta grazie ad un cristallo inorganico, di nome perovskite, che pare aver conquistato la comunità scientifica. Ne sono convinti Anna Maria Petrozza, ricercatrice presso il Center for nano science and technology dell’Istituto italiano di tecnologia di Milano, ed Henry Snaith, fisico dell’Università di Oxford, che hanno recentemente pubblicato un interessante saggio sulla rivista Science, dove spiegano la possibilità di  creare delle celle solari ibride con una capacità di conversione della luce solare in elettricità (efficienza) di oltre il 15%, grazie a semiconduttori policristallini con struttura di perovskite.

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Questo curioso nome si deve a Gustav Rose, che nel 1839 scoprì nei Monti Urali dei cristalli opachi di forma cubica, ribattezzati perovskite in onore del ministro della Corte imperiale russa Lev Perovskiy, grande appassionato di minerali. La perovskite non è quindi una scoperta recente, poiché questo minerale con struttura cristallina costituito da un ossido doppio di calcio (Ca) e titanio (Ti) è noto da tempo per le sue numerose proprietà fisiche, tra cui quella di essere un ottimo conduttore. Utilizzato per la prima volta nel 2009 al fine di costruire delle celle solari, la perovskite non fu particolarmente apprezzata, primo perché aveva una bassa efficienza (3,5%), secondo perché rivelava una scarsa durata, in quanto un elettrolita liquido tendeva a dissolverlo.

Recenti innovazioni nella tecnologia del solare hanno però ribaltato tale situazione, poiché l’elettrolita liquido è stato sostituito con materiali solidi che hanno sopperito agli inconvenienti, così che la perovskite è stata presentata sul mercato come possibile concorrente del tradizionale silicio impiegato nelle celle fotovoltaiche, più costoso e più difficile da utilizzare.

Rispetto a quest’ultimo, infatti, la perovskite è più conveniente vista l’abbondanza dei materiali attivi. Inoltre può esser agevolmente impiegata per la realizzazione delle celle, poiché basta spargere il pigmento su una lamina di vetro o metallo, insieme a pochi altri strati di materiali che facilitano il movimento degli elettroni attraverso la cella stessa. Metodi semplici, praticati a base temperature  e riproducibili su larga scala, che ribadiscono le ottime credenziali di questo minerale inorganico, ideale per la produzione di celle solari di nuova generazione a basso costo e maggior risparmio energetico. La composizione chimica della perovskite le permette un’alta capacità di assorbimento della luce. Le cariche generate da quest’ultima, a loro volta, hanno tempi di permanenza molto lunghi che consentono un elevato accumulo di energia.

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Secondo Annamaria Petrozza, nel materiale che è stato ottimizzato nella composizione chimica le cariche foto-generate possono viaggiare per distanze maggiori di un micrometro all’interno del dispositivo. Distanze enormi nella prospettiva delle nanotecnologie.

A fronte dei tradizionali pannelli solari in silicio che hanno uno spessore di circa 180 micrometri, le nuove celle in pervoskite con lo spessore inferiore ad un micrometro riescono a catturare la stessa quantità di energia solare. Una corretta progettazione dei cristalli di perovskite può così dar vita ad un dispositivo solare ad alta efficienza di conversione, al contempo semplice ed economico. Il miglioramento della stabilità della tecnologia fotovoltaica a base di perovskite sarà la condizione fondamentale per far sì che questo minerale si imponga davvero come concorrente del silicio nella produzione di celle solari.

Così si potrà sconfessare la credenza che per la produzione d’energia solare non sia possibile avere insieme basso costo, lunga durata ed alte efficienze.

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Grazie a questa nuova e promettente tecnologia nel campo del fotovoltaico, i pannelli potrebbero costare tra i 0,07 e  0,14 eur/watt, rispetto alla media attuale di 0,54 euro/watt. Un risparmio sensibile che potrebbe render competitiva l’energia pulita solare al cospetto dei tremendamente inquinanti combustibili fossili. Basti considerare che il Dipartimento per l’Energia degli Usa ritiene che tale situazione potrebbe verificarsi già producendo energia solare a 0,36 euro/watt.

Naturalmente questo nuovo processo per la produzione di celle solari sta muovendo ancora i primi passi, rispetto alla tecnologia sviluppatasi ormai da circa 50 anni per il silicio. È quindi chiamata a risolvere alcuni problemi, riguardanti per esempio i meccanismi di generazione e trasporto delle cariche elettriche all’interno del cristallo in seguito all’interazione con la luce (processi optoelettronici), o la presenza di piccole quantità di piombo, che risulta tossico, all’interno del materiale. In quest’ultimo caso si dovrebbe intervenire sostituendolo con lo stagno o provvedendo ad avviare correttamente le celle alla filiera del riciclo, per evitare la dispersione nell’ambiente di questo elemento così nocivo.

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Vi è inoltre chi rileva il costante calo del prezzo del silicio, che potrebbe scendere col tempo dagli attuali 0,36 ai 0,18 euro/watt, rendendo così meno competitiva la perovskite che ha ancora bisogno di tempo per esser portata  a livelli di produzione industriale.

Al di là di questi “pessimismi”, però, è notizia recente la realizzazione del primo modulo reale fotovoltaico con perovskiti ibride organiche/inorganiche, portata a termine dai ricercatori dell’Università romana di Tor Vergata in collaborazione con il CHOSE (Polo solare organico Regione Lazio). Il prodotto è stato ottenuto “stampando” vari strati di materiali, semplificando così notevolmente le modalità di fabbricazione. Le perovskiti “ibride”, infatti, si presentano come degli inchiostri che possono esser facilmente depositati tramite le convenzionali tecniche di stampa. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Physical Chemistry Chemical Physics.

Il futuro per un fotovoltaico a basso costo e alto rendimento, che può esser garantito solo dall’innovazione dei materiali e dei processi di fabbricazione ora che gli incentivi per questo settore sono praticamente terminati anche in Italia, pare così a portata di mano. Fino ad oggi i vari gruppi di ricerca internazionali erano riusciti a realizzare solamente celle di ridotte dimensioni, che rendevano impossibile l’utilizzo di questo nuovo minerale per una produzione industriale su larga scala.

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I ricercatori di Tor Vergata son riusciti invece a escogitare soluzioni ingegneristiche per passare da celle ad area limitata ad un vero e proprio modulo reale di dimensioni di oltre 20 cmq, capace di aumentare la tensione prodotta. In tal modo è stata dimostrata la possibilità di produrre un modulo reale fotovoltaico con dimensioni paragonabili alle tradizionali celle in silicio.

Cade così un altro tabù sulla strada dell’effettivo impiego della perovskite nello sfruttamento dell’energia solare.

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