Piattaforme petrolifere recuperate come resort ecologici: provocazione fino a un certo punto
Il disastro della marea nera nel Golfo del Messico ci ha ricordato una triste realtà: in questo mare esistono circa 4.000 impianti di trivellazione del petrolio (vedi mappa sotto), che – oltre a costituire una costante minaccia ambientale – saranno obsoleti e da smantellare entro la fine del secolo.

E visto che il sistema per smantellare gli impianti di trivellazione attualmente consiste nel farli esplodere, con grossi costi e soprattutto notevoli impatti ambientali, qualcuno ha provato ad immaginare che cosa potrebbe succedere se fossero invece trasformati in isole-resort ecosostenibili.
E’ il caso di Morris Architects, studio di architettura americano, che ha ipotizzato una riconversione massiva delle piattaforme petrolifere, un progetto secondo cui i diversi milioni di metri quadrati di superficie qui ricavabili, spesso appena al largo delle coste degli Stati Uniti, sarebbero recuperati come eco-resort.
Un progetto di riqualificazione ambientale sostenibile dall’incredibile portata, che in caso di succcesso trasformerebbe il Golfo del Messico in una nuova Dubai, recuperando strutture e industriali obsolete, trasformandole in un componente dell’ecosistema della biosfera.
Il progetto, chiamato Oil Rig Platform Resort & Spa, si è già aggiudicato due premi importanti: il Grand Prize al Radical Innovation in Hospitality Award e il SARA National Design Award of Excellence, il riconoscimento più prestigioso oltre Oceano in tema di design, conferito dalla Society for American Registered Architects.
Il Rig Resort attirerebbe appassionati di sport acquatici e darebbe la possibilità di conoscere l’ecosistema del Golfo, o quel che ne è rimasto, a seguito dell’esplosione della piattaforma BP e della fuoriuscita di 4,4 milioni di barili di greggio nelle acque al largo della Louisiana.
Il Rig potrebbe, inoltre, servire come porto di scalo per le principali navi da crociera in rotta verso altre destinazioni del Messico e dei Caraibi.
Una cosa interessante dal punto di vista architettonico ed energetico di questo intervento è che, grazie alle loro caratteristiche, le piattaforme petrolifere si prestano benissimo ad essere alimentate tramite fonti di energia rinnovabile che renderebbero il resort ecologicamente sostenibile e autonomo anche dal punto di vista energetico.
Le coste del Golfo del Messico sono infatti battute da venti costanti e intensi che potrebbero alimentare le turbine eoliche montate sulle piattaforme esistenti. E quando nel Golfo c’è vento, ci sono anche le onde.
Potrebbero essere installati dei generatori di energia elettrica dal moto ondoso sia come unità fisse nelle acque più superficiali sia come boe in quelle più profonde. Per il riscaldamento e il raffreddamento, i sistemi geotermici a terra, integrati nelle attuali strutture di sondaggio e trivellazione, potrebbero essere adattati per lavorare in mare, approfittando della sua temperatura costante ai livelli più bassi.
Infine, i pannelli solari potrebbero essere apposti su una mlteplicità di superfici, con la garanzia della massima esposizione al sole. Con la combinazione di queste tecnologie, il Rig Resort genererebbe più di potenza del necessario, con sistemi sovrabbondanti e completamente autosufficienti.
Davvero interessante, ma bisognerà capire, purtroppo, quanto il Golfo del Messico sia recuperabile da un punto di vista turistico ed ambientale prima di tutto.
[Photos via: http://www.morrisarchitects.com/]