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Porto Tolle: stop della conversione da centrale elettrica ad una a carbone

La conversione al carbone ‘non s’ha da fare’. Almeno per ora. Dopo quasi dieci anni di un lungo iter costellato di via libera, ricorsi e bocciature, il progetto che prevede tale operazione nella centrale elettrica Enel di Porto Tolle (RO), si è di nuovo incagliato di fronte al parere “interlocutorio-negativo” della Commissione VIA del ministero dell’Ambiente.

Porto Tolle: stop della conversione da centrale elettrica ad una a carbone

Tutto da rifare, dunque, per Enel, che insiste a ribadire l’importanza strategica del sito di Porto Tolle, ma è ora costretta a ripresentare un nuovo progetto ed una nuova valutazione di impatto ambientale, poiché l’organismo tecnico del Ministero ha rilevato gravi carenze e contradditorietà in tutta la procedura.

Esultano i comitati locali e le associazioni ambientaliste WWF, Greenpeace e Legambiente, che in seguito al provvedimento governativo hanno emanato una nota congiunta dove dichiarano che “la conversione a carbone, la fonte più inquinante e dannosa per il clima e la salute umana, di una centrale nel bel mezzo di un parco naturale, in un ecosistema fragile e prezioso, è un’enorme sciocchezza. Lo è doppiamente nell’area padana, la regione con la peggior qualità dell’aria in Europa; e lo è ancor più in un Paese come il nostro, che già dispone di un parco di generazione elettrica praticamente doppio rispetto alle necessità di consumo nazionali e non ha bisogno di nuove centrali alimentate con fonti fossili”.

Molti dei pareri degli ambientalisti sono stati fatti propri dalla Commissione, che ha così bloccato il progetto risalente al 2005, che prevedeva la conversione dell’impianto di Porto Tolle con la realizzazione di tre nuove caldaie da 600 Mwe, alimentate a carbone e biomassa, al posto delle quattro originarie ad olio combustibile denso, e della stessa potenza, realizzate tra il 1980 e il 1984. Il tutto per un investimento salito negli anni a ben 2,7 miliardi di euro.

Secondo gli ambientalisti, la centrale di Porto Tolle non ha mai rappresentato un fattore di crescita per una delle aree economicamente più depresse del Nord, ma ha anzi compromesso l’integrità ambientale di un ecosistema fragile come quello del Delta del Po, inquinando, alterando il clima, causando malattie e nuocendo alla pesca ed al turismo.

Intanto, in relazione al funzionamento a olio combustibile della centrale di Porto Tolle, è in via di conclusione il processo denominato “Enel bis”. Qui, una perizia depositata dall’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale (Ispra) quantifica in ben 3,6 miliardi di euro i danni sanitari-ambientali che il colosso energetico dovrebbe rifondere allo Stato, per l’eccesso di emissioni verificatosi nel periodo 1998-2009, in seguito al mancato adeguamento della centrale agli standard tecnologici previsti dalle normative.

Dopo lo stop al progetto di conversione, le tre associazioni ambientaliste chiedono a gran voce all’Enel di non insistere sulla strada nociva del carbone, per trasformarsi invece in un’azienda moderna, sostenibile e compatibile con lo sviluppo del Paese. D’altronde, la stessa Enel ha abbandonato pochi mesi fa un progetto in Romania, dichiarando di volersi sviluppare con ‘meno carbone e più soluzioni intelligenti’. Che speriamo vengano presto adottate anche in Italia.

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