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Rivoluzione verde anche nel mondo della chimica

Da alcuni anni la necessità di un cambiamento di rotta rispetto ai temi della eco-sostenibilità e dell’attenzione verso un minor impatto ambientale da parte delle attività umane sembra esser diventato più presente. Questa aumentata sensibilità non riguarda, però, soltanto i privati cittadini, ma anche realtà industriali che, con una svolta eco-friendly, possono realmente fare la differenza.

Rivoluzione verde anche nel mondo della chimica

E’ quello che inizia a verificarsi nel mondo della chimica, da cui provengono segnali “green” positivi e molto incoraggianti; questa rivoluzione “verde” si concretizza essenzialmente nell’applicazione di tre regole d’oro:

1. l’utilizzo di ingredienti eco-compatibili;
2. la riduzione drastica degli sprechi nella produzione chimica;
3. la riduzione dei costi energetici.

Esempio dell’applicazione di queste semplici ma decisive regole è l’impiego dell’acqua in sostituzione a solventi cancerogeni oppure la produzione di inchiostro per stampanti a base di olio di soia.

Le idee ispiratrici per questa “green chemistry”, sempre più attuale e concreta, sono da ricercare nella formulazione, apparentemente utopistica, di 12 principi all’inizio degli anni novanta da parte di Paul Anastas, il quale ha intravisto nella rivoluzione verde la possibilità di coniugare con successo il binomio ecologia-economia.

Tra i principi proposti da Anastas, il primo sembra una massima di buon senso: “meglio non sporcare che dover pulire”.

Possiamo capire meglio ciò Anastas intende attraverso l’approfondimento dei successivi principi; tra i più interessanti troviamo il secondo sul concetto di “economia atomica”, finalizzato a garantire il risparmio della materia, cioè più atomi si risparmiano, cercando di incorporare nel prodotto finito la maggior parte di sostanze della reazione, meno scarti della produzione dovranno poi essere smaltiti; di conseguenza, sarà maggiore il risparmio anche in termini economici, considerati i costi di smaltimento delle scorie.

Il terzo principio, invece, punta alla sostituzione di solventi pericolosi con altri come acqua, anidride carbonica supercritica e liquidi ionici (almeno quelli più sicuri tra questi ultimi).

Un altro importante principio, il settimo, suggerisce di preferire l’utilizzo di materie prime rinnovabili (ad esempio alghe o biomasse agricole); un’applicazione di questo principio la vediamo concretamente nell’utilizzo di amido di mais, molto sfruttato per produrre buste di plastica biodegradabili ma attualmente in uso anche come additivo per pneumatici, in quanto riduce la resistenza al rotolamento e quindi il consumo di carburante.

Per renderci conto in modo evidente di come anche l’industria farmaceutica possa andare incontro a produzioni eco-friendly, senza rinunciare al profitto economico, basti pensare che anche la famosa “pillola blu”, il Viagra, ha ottenuto da qualche tempo un’impronta “verde” con la riduzione di solventi necessari per la produzione e la sostituzione di alcuni solventi tradizionali con altri meno dannosi; tanto è bastato per abbattere notevolmente i prodotti di scarto e, di conseguenza, tutti i costi connessi.

Aspetto degno di rilievo é anche il risvolto sociale che la “rivoluzione verde” può offrire in alcune particolari circostanze: é il caso della proposta di riconversione del petrolchimico di Porto Torres in un polo di chimica verde; questo cambiamento di rotta sarebbe indubbiamente salvifico per le sorti di numerosi lavoratori del settore.

Tra l’altro la svolta verso una chimica verde porterebbe finalmente anche l’Italia al passo di altri Paesi europei che hanno colto in questa opportunità un’occasione di crescita e sviluppo.

Per ulteriori approfondimenti:
http://www.chemistryviews.org/details/ezine/693111/Building_a_Sustainable_World.html
http://www.epa.gov/greenchemistry/pubs/principles.html

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