Vi avevamo parlato della positiva situazione di Londra in questo post Londra Tuttogreen? viaggio nella capitale Britannica
Eccovi ora un approfondimento sul Fiume Tamigi che ormai dato per morto gode di ottima salute invece: sembrava impossibile riuscirci, anche solo pensarci:,quella che agli occhi di tutti sembrava essere solo un’utopia ecologica è diventata, per fortuna, una splendida realtà.
Stiamo parlando di una notizia piuttosto recente, diffusa quasi con stupore incredulo da quotidiani nazionali, telegiornali e siti web: il Tamigi è pulito e pullula di vita.
Dichiarato ‘biologicamente morto’ già circa 50 anni fa, per l’eccessivo inquinamento presente, oggi è ritornato nuovamente a vivere: il Tamigi ospita, infatti, ben 125 specie ittiche e nelle sue acque bonificate sono ritornati a guizzare, tra gli altri, per primi i salmoni, poi trote, sogliole, lontre, foche e persino piccole colonie di cavallucci marini, sensibilissimi all’inquinamento e quindi attendibili bio-indicatori della qualità dell’acqua.
Il fiume inglese vanta dei numeri decisamente importanti: 323 Km di lunghezza, raggiunge i 240 m di larghezza massima e, in certi punti, i 9 m di profondità, con una portata d’acqua che può variare dai 28 mc/s ai 129 mc/s, con un bacino idrografico di 11.350 Kmq abitato da 15 milioni di persone.
Numeri che rivelano la portata del progetto realizzato ma, soprattutto, l’importanza del risultato conseguito che è valso all’Old Father Thames e agli inglesi il prestigioso Thiess River Prize, ovvero il riconoscimento internazionale che premia i progetti di recupero dei corsi d’acqua.
Un miracolo? Certamente no.
Un mix vincente di volontà, di azione, di idee politiche lungimiranti, di investimenti ecologico-ambientali mirati: fondamentali sono stati certamente il potenziamento della rete di depuratori, il corretto trattamento dei reflui fognari di Londra e, sembrerà banale, anche le rigide sanzioni per i trasgressori.
Ma il vero segreto di un cambiamento di tale portata risiede soprattutto nella coscienza di un sentire comune, nel senso di corresponsabilità civile: esiste da anni, infatti, un’associazione ambientale di volontari, la Thames 21, che si prende cura del Tamigi e dei canali fluviali di Londra, oltre ad occuparsi anche di promuovere l’educazione ambientale a tutti i livelli.
Ogni anno, grazie alla preziosa azione di questi volontari, vengono rimosse dai letti fluviali ben oltre 1000 tonnellate di rifiuti nocivi, tra i quali occupano un posto di rilievo i tristemente noti sacchetti di plastica, finalmente (dopo anni di attesa…) aboliti anche in Italia, i massimi rappresentanti di quella terribile categoria di rifiuti che ‘degradano ma non si biodegradano’.
La rinascita del fiume inglese ci lancia così un messaggio di speranza: ci ricorda che esiste ancora il miracolo della resilienza di un ecosistema, ovvero la capacità dello stesso ecosistema di ricostituire un nuovo equilibrio interno a seguito dell’azione di un ‘disturbo’, in questo caso dell’inquinamento, i cui effetti vengono minimizzati grazie alla costante azione dei batteri e alla fitodepurazione operata da piante e alghe.
Ma il Tamigi sarà, da oggi, anche un memento per le coscienze di tutti: nessuno ha più scuse.
Governi, politici, amministratori, semplici cittadini: tutti, ad ogni livello, abbiamo il dovere di allargare la prospettiva dall’interesse personale al bene comune, dalla visione limitata all’oggi ad uno sguardo che abbracci il futuro, nostro e quello delle generazioni a venire.
Ascoltare le preziose indicazioni fornite dal mondo della scienza e della tecnologia, investire fondi consistenti nelle giuste direzioni, legiferare in modo illuminato, rispettare le leggi, acquisire ed insegnare comportamenti da cittadini e consumatori responsabili: questi sono gli imperativi per poter davvero mirare a coniugare sviluppo e ambiente.
Perché non solo non è impossibile, ma è quanto mai necessario.
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