In questo speciale, andremo a conoscere da vicino la tartaruga Caretta. Una specie di tartaruga marina tra le più vulnerabili del Mediterraneo e a forte rischio estinzione.
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La tartaruga Caretta è, tra le varie specie di tartarughe marine, quella più diffusa nel Mediterraneo. Appartenente alla famiglia Chelonidi, è di grandi dimensioni e vive anche nei mari tropicali e subtropicali, oltre che, appunto, nel Mediterraneo. Essendo una specie a rischio estinzione, è protetta da normative internazionali e da svariate convenzioni come la Convenzione di Barcellona, che prevede misure di protezione e conservazione per la specie vietandone quindi l’uccisione, il commercio e il disturbo durante i periodi di riproduzione, migrazione e svernamento.
Ma andiamo a conoscere più da vicino le sue caratteristiche.
Rispetto alle femmine, i maschi hanno una lunga coda che si sviluppa al raggiungimento della maturità sessuale, in genere attorno ai 15 e i 25 anni. Inoltre, i maschi hanno anche le unghie più sviluppate rispetto alle femmine.
Questa specie – e le sue sottospecie – vivono prevalentemente prossime alla costa e in acque tiepide e profonde dell’Oceano Atlantico, Indiano e Pacifico, oltre che del Mar Mediterraneo e del Mar Nero.
Tra le varie specie, la Caretta è la più diffusa nel Mediterraneo, con particolare concentrazione nelle acque dell’Italia, della Grecia, di Cipro e della Turchia, oltre che in quelle della Tunisia, della Siria, della Libia e di Israele.
Per quanto invece riguarda le aree di nidificazione, i siti riproduttivi più importanti si trovano in Grecia, Libia, Cipro e Turchia. La Caretta è l’unica specie di tartaruga marina che nidifica anche lungo le coste italiane. Negli ultimi decenni del 1900 sono stati rinvenute aree di nidificazione in Sardegna e Sicilia, lungo le coste pugliesi e ioniche di Basilicata e Calabria. Oggigiorno, però, la loro nidificazione è ritenuta un evento assai raro a livello nazionale, ad eccezione di Linosa e Lampedusa, dove la nidificazione della specie risultava accertata dal 1975, seppure in numero esiguo e non tutti gli anni.
Si alimentano sia di organismi bentonici che di animali planctonici, come alcuni tipi di medusa. Mangiano anche vari pesci come i pesci ago e i cavallucci marini. Nelle acque poco profonde, talvolta vanno anche alla ricerca di granchi, aragoste e gamberetti, oltre che numerose specie di molluschi che vivono tra rocce e coralli.
Gli anteriori, che sono molto sviluppati, sono muniti di due unghie. Questo vale per gli esemplari giovani; quando poi diventano adulte, infatti, le unghie diminuiscono ad una sola.
Ogni 2-3 anni, tra la fine di maggio e il mese di agosto, le femmine depongono dai 3 ai 4 nidi. In genere, la deposizione ha luogo durante la notte. Di media, in ogni nido c’è un centinaio di uova, grandi più o meno come palline da ping-pong. Vengono deposte in una buca scavata nella sabbia e poi lasciate lì, dopo essere state ricoperte per bene. Il calore della sabbia è fondamentale per favorire l’incubazione delle uova. Per questo motivo, la durata del periodo di incubazione è variabile (tra i 45 e i 70 giorni) in quanto oscilla in base alle caratteristiche della sabbia e al clima. Tra l’altro, a determinare il sesso delle piccole tartarughe è sempre la temperatura della sabbia stessa: sotto i 29 °C nasceranno maschi mentre al di sopra della predetta temperatura femmine.
Dopo aver rotto il guscio, i piccoli emergono dal nido 3-4 giorni dopo la nascita, e di solito fuoriescono durante la notte per evitare i predatori e il rischio di disidratazione. Quindi si dirigono verso il mare. Una volta in acqua, nuotano per più di 24 ore consecutive fino a raggiungere zone ricche di nutrienti.
Il tempo di incubazione delle uova va dai 45 ai 70 giorni, per poi schiudersi tutte insieme. Una volta usciti dal guscio, i piccoli hanno bisogno di circa 5 giorni per scavare lo strato di sabbia che ricopre il nido, e poter poi così raggiungere la superficie e, da lì, il mare.
Il significato etimologico dl nome è dubbio. Il termine Caretta potrebbe infatti derivare da una trasposizione errata del vocabolo karet, termine che nelle ex colonie francesi in terra africana veniva utilizzato per col significato di “guscio di tartaruga”. Un’altra ipotesi vedrebbe affondare le origini del nome nei Caraibi, dove indicherebbe la Tartaruga embricata.
Nella classifica IUCN Red List, la Caretta Caretta è considerata specie vulnerabile. La specie è infatti minacciata da svariati fattori:
La specie è quindi considerata endangered sia a livello regionale che globale. Per questo è protetta da normative internazionali. Ci sono poi parecchie convenzioni, come la Convenzione di Barcellona, che prevede misure di protezione e conservazione vietandone l’uccisione, il commercio e il disturbo in fase di riproduzione, migrazione, svernamento e altri periodi in cui questi animali sono già sottoposti a stress di tipo fisiologico.
Oltre a ciò, sono sempre più i volontari che intervengono periodicamente per ripulire le spiagge dalla plastica e altri rifiuti, evitando l’impiego di mezzi meccanici che distruggerebbero l’ecosistema litoraneo. Sempre gli stessi volontari, poi, nel momento in cui riescono ad identificare un sito di nidificazione, organizzano dei campi di sorveglianza.
Ogni anno, circa 900 tartarughe ferite vengono soccorse e portate nei Centri di Recupero WWF, come quelli di Lampedusa, Molfetta, Policoro e Torre Guaceto. Qui vengono curate e poi liberate in mare.
Nonostante tutti questi sforzi, la tartaruga Caretta rimane sempre una specie in pericolo.
Ovviamente, saprete bene che esistono anche le tartarughe di terra. Ecco alcuni approfondimenti su questi animali:
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