E’ uno scenario allarmante quello che emerge da alcune recenti previsioni, che ci dicono che nel 2050 le temperature medie del nostro pianeta potrebbero essere superiori di 1,4 – 3,0 gradi centigradi rispetto a quelle registrate alla fine del ventesimo secolo.
La notizia, con le relative proiezioni, è stata pubblicata su “Nature Geoscience”, e si basa su modelli di calcolo e simulazioni climatiche complesse effettuate da circa 10.000 personal computer, nel ruolo di moderne sfere di cristallo.
In particolare, lo studio si è basato su un modello climatico che ha preso in considerazione le possibili variazioni delle temperature sia nell’atmosfera terrestre che negli oceani, tenendo conto delle previsioni dei livelli di emissione di gas serra.
Il tutto è avvenuto attraverso i personal computer di circa 10.000 volontari, il sito climateprediction.net e il Climate Change Experiment della BBC.
Ovviamente, i ricercatori hanno provato a esplorare un ampio spettro di possibili scenari futuri in modo da ridurre il livello di incertezza del sistema climatico. In altre parole, i parametri fisici oggetto dell’analisi sono stati fatti variare sviluppando diverse simulazioni e considerando la serie storica dei cambiamenti climatici degli ultimi 50 anni.
Il risultato combinato delle diverse simulazioni ha condotto a una stima di crescita delle temperature a livello globale che varia appunto da un minimo di 1,4 gradi centigradi a un massimo di 3,0.
Il livello minimo risulta in linea con quanto esplicitato nel report dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) del 2007, mentre il livello massimo risulta superiore.
Il dato appare ancora più allarmante se si considera che secondo i ricercatori è possibile un incremento delle temperature di 3 gradi centigradi anche in uno scenario base di emissione dei gas serra.
La ricerca è stata accolta con favore da diversi autorevoli studiosi: è questo il caso di Gabriele Hegerl, professoressa di Climate System Science all’Università di Edimburgo, che ha definito la ricerca come “un passo in avanti nella stima dell’incertezza climatica”.
Anche la professoressa Corinne Le Quere, direttrice del Tyndall Centre for Climate Change Research presso l’Università di East Anglia, afferma che i risultati dello studio sono “molto promettenti”.
Non mancano però pareri negativi: Julian Hunt, professore emerito di “Climate Modelling” presso l’University College di Londra, ha contestato l’utilizzo di un modello che combina temperature dell’atmosfera terrestre con quelle degli oceani, sottoposte a fluttuazioni decennali.
Ed ha aggiunto che la ricerca potrebbe aver sottostimato le previsioni di crescita, non avendo considerato 3 fattori determinanti: il crescente rilascio di metano come gas serra, i cambiamenti nella riflessione della luce in alcune parti della superficie terrestre e la riduzione dell’inquinamento in Asia che rifletterà una minore quantità di energia solare nello spazio.
Insomma, il dibattito è aperto, come sempre quando si parla di clima, ma certo si tratta di un altro campanello d’allarme.
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