Terremoti e valanghe aggravati dai comportamenti dell’uomo
Quanto accaduto all’Hotel Rigopiano – resort da 4 stelle come noto ricoperto da una slavina, in cui hanno perso la vita 29 persone su 40 rimaste bloccate – ha rimesso sotto i riflettori il solito problema degli eventi naturali esacerbati dall’incuria umana.

In genere, quando si sentono notizie del genere, si parla di sfortuna da parte delle vittime. Di Natura più Matrigna che Madre, ecc. Poi però, quando si indaga in profondità, si scoprono vari altarini.
L’Hotel Rigopiano, giusto per citare l’ultimo caso di cronaca, era un piccolo rudere costruito nell’800 sotto la montagna per dare riparo provvisorio agli alpinisti. Poi negli ultimi decenni del boom edilizio è stato rimodernato ed ampliato, diventando magicamente un Hotel a 4 stelle.
Quante strutture alberghiere montane del genere ci sono sparse per l’Italia? Quante marine costruite sulle coste non a norma? Per scoprirlo occorrerà aspettare la prossima tragedia.
Terremoti e valanghe: anche l’uomo ha le sue colpe…
La verità è che la maggior parte delle emergenze ambientali sono aggravate da disboscamento, impermeabilizzazione dei suoli, erosione, cementificazione selvaggia, abusivismo edilizio, consumo di suolo.
A ribadirlo è uno studio realizzato da un gruppo di ricerca del Dipartimento di Ingegneria civile, edile-architettura, ambientale dell’Università dell’Aquila, in collaborazione con il Wwf.
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Tale studio sottolinea come, negli ultimi quarant’anni, il cemento sia triplicato nelle zone a rischio sismico dell’Appennino. Si stima di circa 2.200 km2. Dagli anni ’70 e ’80 il patrimonio edilizio e abitativo delle cosiddette Zone sismiche 1 e 2 (quindi le più rischiose) è aumentato a dismisura.
Il paradosso è che dagli anni ’50 la popolazione sulle montagne da un lato è diminuita, ma dall’altro le superfici urbanizzate sono più che triplicate anche nei comuni di massimo rischio sismico. Urbanizzazione sotto forma di seconde case, alberghi, B&B, etc. Insomma, man mano, e albero dopo albero sradicato, le località montane sono diventate sempre meno ad uso abitativo e sempre più ad uso turistico.
Anche la realizzazione di piste da sci – sciare dagli anni ’70 è diventata un’attività sempre più di massa – ha dato il suo evidente contributo negativo. Di qui l’aumento di valanghe. E di qui la necessità di promuovere un turismo eco-sostenibile e una ricostruzione (anti-sismica) in sintonia con gli eco-sistemi.
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Prima però accennavamo anche al mare. Su 3.902 chilometri di coste, il 56,2% è stato cementificato. Dal 1985 sono stati cancellati dal cemento circa 222 km di paesaggio costiero, a un ritmo di quasi 8 km all’anno. Cosa comporta ciò? Fenomeni naturali come l’erosione costiera e la subsidenza.
Una regione particolarmente afflitta da questa cattiva abitudine, per la sua formazione morfologica, è la Liguria. In totale, in tutta Italia sono stati mangiati dal cemento 250 km quadrati di territorio in 2 anni.
Ma in Europa siamo in buona, anzi, cattiva compagnia. Ogni anno nel vecchio Continente spariscono sotto il cemento 1000 kmq di suolo fertile. Per farsi un’idea, l’estensione dell’intera città di Roma.
Occorre poi anche aggiungere che a parte la sottrazione di suolo, la cementificazione comporta problemi anche all’aria. Per ogni tonnellata di cemento a terra vengono emesse 1,1 tonnellate di cemento in atmosfera. Contribuendo così non poco a riscaldamento globale e cambiamenti climatici. Con tutti i fenomeni ad essi correlati: scioglimento ghiacciai, inondazioni, siccità, desertificazioni, ecc.
Per fortuna stanno nascendo anche iniziative interessanti. People4Soil, per esempio, è una campagna promossa da 400 organizzazioni in tutta Europa, con lo scopo di raccogliere un milione di firme affinché la Commissione europea presenti una proposta legislativa per bloccare il consumo del suolo.
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