Una sporca campagna (elettorale): quanto costa all’ambiente?
Molti di voi saranno sicuramente andati a votare in occasione delle elezioni amministrative del 15 e 16 maggio ed in alcuni casi saranno ancora in corso i ballottaggi.

Le vostre città saranno state tappezzate di manifesti politici, abusivi e non, avrete ricevuto a casa decine di lettere più o meno convincenti.
Ma avete mai provato a valutare i costi ambientali di ogni singola campagna elettorale? difficile se non impossibile stimarne i costi esatti ma possiamo provare ad elencare gli sprechi maggiori.
Iniziamo dai manifesti: dopo qualche giorno dalla loro affissione, inevitabilmente iniziano a staccarsi brandelli di carta, che restano lì a terra ad imbrattare il marciapiede. Marciscono giorno dopo giorno, spesso insieme a volantini, brochure, bigliettini da visita, tutti rigorosamente in carta traslucida, molto più inquinante della carta normale. E nel frattempo altri manifesti vanno ad incollarsi sopra ai residui di quelli vecchi, formando dei veri e propri ammassi di carta indecorosa.
Passiamo poi all’inquinamento acustico e da gas di scarico: comizi, furgoni che vagano per le strade cittadine con la musica del partito in sottofondo, mini-tour del candidato per aumentare la propria visibilità, concerti last minute con dubbie fortune….
Le sedi dei partiti restano poi aperte giorno e notte, con un consumo notevole di energia elettrica a causa di lampadine, faretti, computer accesi. Senza considerare i costi sostenuti dagli edifici scolastici durante i giorni delle votazioni.
La cosa buffa è che spesso molti di questi candidati includano la tutela dell’ambiente fra i loro programmi.
Perchè non aumentare allora la propria credibilità allestendo una campagna a costo zero, dimostrando così la piena aderenza ai valori ecologici?
Basterebbe utilizzare carta riciclata, tanto per cominciare. Ma si potrebbe anche diminuire la quantità di manifesti e volantini prodotti, preferendo l’utilizzo della rete per raggiungere i cittadini e tenerli costantentemente aggiornati. Se proprio non si può fare a meno di girare per le strade, si potrebbero utilizzare mezzi a combustione rigenerabile e le sedi potrebbero investire nell’uso di pannelli fotovoltaici.
Qualche esempio positivo in realtà c’è: a Torino, “Capitale europea dell’albero” nel 2008, uno dei candidati ha promesso di piantare un albero per controbilanciare le spese ambientali della sua campagna elettorale.
Questa potrebbe essere un’idea, ma noi crediamo che anzichè correre ai ripari una volta fatto il danno, sia meglio agire con consapevolezza e senso civico sin dall’inizio.
Che ne pensate? potrebbe attirare anche più consensi elettorali?